Alberghi: la difficile arte di negoziare

È diventato un duro lavoro, la negoziazione con gli alberghi, soprattutto da quando Internet, facendo il suo ingresso nel settore turistico, ha rivoluzionato le logiche distributive: chissà a quanti travel manager, entrando nel sito del proprio fornitore, è capitato di veder pubblicate delle “best available rate” decisamente più convenienti delle tariffe preferenziali negoziate direttamente, o con il supporto dell’agenzia di viaggio.

Il risultato è che in campo alberghiero la consulenza delle agenzie sta perdendo progressivamente valore: talvolta esse si vedono costrette, quando il cliente non ha i volumi necessari per “strappare” tariffe competitive, a consigliargli il ricorso alla prenotazione tramite Internet. Un trend al quale si sottraggono solo le grandi travel management company, le uniche ancora in grado di fare la “voce grossa” con gli albergatori.

La tendenza all’improvvisazione

A complicare le cose è la tendenza all’improvvisazione delle aziende italiane, che raramente dispongono di dati completi e aggiornati sulle proprie spese alberghiere. Molte di esse (non solo le piccole e medie imprese, ma anche le grandi corporation) sovrastimano o sottovalutano questa voce, con l’unico risultato di non essere in grado di impostare le proprie negoziazioni su basi solide: qualunque fornitore, infatti, prima di fare un prezzo richiede all’azienda garanzie sul numero di room night prenotate e sui periodi dell’anno più richiesti.

Un mercato frammentato

A rendere il quadro ancora più complesso si aggiunge la peculiarità del mercato nazionale, caratterizzato da una prevalenza di strutture alberghiere a conduzione familiare e da una modesta presenza di catene alberghiere internazionali: secondo Federalberghi, in Italia sono presenti 27 gruppi stranieri che detengono l’1% circa degli hotel e il 4% delle camere. Le catene nazionali, poco più di 200, contano invece il 3,8% degli alberghi e il 10% circa delle camere. Il restante 95,3% degli esercizi alberghieri e l’86% delle camere sono gestiti da strutture indipendenti. Contrariamente a quanto accade all’estero (in Francia le catene internazionali ammontano al 22% del totale, in Spagna al 31%), dunque, è difficile stipulare vantaggiosi accordi globali con catene alberghiere che presidiano tutto il territorio, mentre è inevitabile “frammentare” le negoziazioni, compiendo laboriose operazioni di scouting in tutta la penisola e contattando centinaia di strutture indipendenti. Tra l’altro, nel nostro Paese c’è una scarsa propensione alla connettività, una tendenza tutta italiana a pensare esclusivamente al proprio “orticello” e a non creare sinergie con i competitor: scarseggiano dunque i consorzi alberghieri, che in altre nazioni (ad esempio la Spagna) sono in grado di offrire alle aziende un unico interlocutore per centinaia di hotel distribuiti su tutto il territorio, ma anche di proporre un’ampia gamma di servizi aggiuntivi, dalla ristorazione ai trasporti.

Il ruolo del consulente

Come si può uscire da questo empasse? I travel manager potrebbero pensare che basti abbandonare l’intermediazione e convertirsi al “fai da te”, sfruttando appieno le opportunità offerte dai canali di distribuzione online. In realtà, il ricorso ai grandi portali di prenotazione può comportare alcuni problemi: innanzitutto, nella maggior parte dei casi manca un interlocutore al quale rivolgersi in caso di disservizi. Inoltre, le prenotazioni tramite web sono più difficilmente tracciabili, con l’unico risultato di non disporre a fine anno di statistiche attendibili sui propri volumi di spesa e sugli hotel maggiormente utilizzati. In questo senso risulta comunque preziosa la consulenza dell’agenzia di viaggio, in grado di orientare il cliente nel labirinto delle prenotazioni online e di fornirgli un supporto qualora sorgano problemi.

È poi fondamentale che le aziende si organizzino in modo da effettuare un’analisi puntuale delle proprie trasferte, ottenendo dati certi sulle proprie room night: un passo indispensabile per individuare meglio le proprie esigenze e condurre con successo le negoziazioni con i fornitori.

Occorre segnalare, inoltre, una strategia adottata da tempo nei Paesi anglosassoni, generalmente più evoluti del nostro sul fronte del business travel: è il ricorso alla figura del consulente specializzato nelle negoziazioni alberghiere, in grado di fornire una risposta concreta alle problematiche del mercato e di affiancare l’azienda nella delicata fase degli accordi con il fornitore. Pur mettendo la propria professionalità anche al servizio delle grandi aziende o delle travel management company, questa figura potrebbe rivelarsi particolarmente utile per le piccole e medie imprese, che generalmente – a causa dei modesti volumi generati – tendono a essere “trascurate” dai fornitori, ma anche dalle grandi agenzie. Attenzione, però: perché questo professionista abbia una reale utilità, deve trattarsi di un consulente “puro”, in grado di fornire servizi diversi da un intermediario. Ad oggi, gli esperimenti di consulenza alberghiera sul mercato italiano sono in parte falliti perché i consulenti, spinti dalla difficoltà del mercato, conducevano un’attività da intermediari, finendo per assomigliare alle agenzie di viaggio. Il compito del consulente non è prenotare, ma effettuare un’attenta analisi del mercato e fornire all’azienda gli strumenti strategici per condurre al meglio le negoziazioni.

Il revenue management

Ricorrere a un consulente, tra l’altro, può aiutare l’azienda a comprendere a fondo gli schemi tariffari proposti dagli albergatori (rack rate, tariffe corporate, tariffe promozionali o last minute, tariffe negoziate nette ecc.) e i meccanismi che concorrono alla formazione delle tariffe. Sulla falsa riga dello yield management, sistema adottato nel mondo del trasporto aereo per definire il prezzo dei biglietti, oggi nel mercato alberghiero si applica il cosiddetto revenue management (letteralmente “gestione del rendimento”). Che cos’è esattamente? Si tratta di uno strumento di previsione e ottimizzazione dei ricavi, che consente agli albergatori di attribuire il giusto prezzo a ogni singola camera. Su questo calcolo incidono una serie di fattori, tra cui i dati storici di riempimento e l’offerta della concorrenza, ma anche alcune variabili (ad esempio, la presenza sul territorio di una manifestazione fieristica). È in virtù di questo sistema che talvolta la stessa camera viene proposta a prezzo differente a seconda del periodo in cui è effettuata la prenotazione.

Prepararsi a negoziare

Ma quali sono le regole per negoziare? Una buona negoziazione scaturisce in primo luogo dalla conoscenza: dei volumi di spesa dell’azienda, dei bisogni dei viaggiatori, ma anche dell’offerta di mercato. In fase preliminare, dunque, il travel manager dovrà stilare un elenco delle strutture che rivestono un’importanza strategica per le la sua azienda e analizzarle una a una, cercando di capire quanto è alta/bassa l’offerta sul territorio. Ovviamente, se l’albergo è strategico e l’offerta è bassa (quindi ci sono poche altre strutture alternative alle quali rivolgersi), in fase di negoziazione egli dovrà cercare una mediazione. Viceversa, potrà condurre una negoziazione più dura, cercando di “strappare” all’albergatore una tariffa più conveniente. Inoltre, sarà suo compito raccogliere una serie di dati numerici (quanto spende l’azienda, quanto vale per i potenziali fornitori, dove spende, ma anche quanto è in grado di “guidare” i volumi, convogliando i dipendenti su un fornitore piuttosto che un altro). Queste informazioni, unite ad altre di natura più “psicologica” (quanto “feeling c’è con il fornitore, quali sono i suoi punti sensibili ecc.) saranno “armi” efficaci per ottenere un valido risultato.

Inoltre, sarà indispensabile identificare una serie di parametri nella scelta dell’albergo: oltre al prezzo, che costituisce com’è ovvio una variabile di primaria importanza, concorreranno alla selezione la posizione (vicinanza al luogo di lavoro, raggiungibilità da autostrade e aeroporti), il numero di camere, lo stato di manutenzione e le eventuali ristrutturazioni (in corso o da fare), il rispetto delle norme di sicurezza, il tipo di pagamento accettato dall’albergatore, le facilities. Sulla scelta avranno peso anche i bisogni del viaggiatore, al quale occorrerà garantire livelli di confort che gli consentano un buon riposo, senza pregiudicarne la produttività. Questo non significa prenotare necessariamente alberghi a cinque stelle, ma piuttosto individuare le reali (e fattibili) esigenze dei dipendenti che viaggiano (palestra senza costo aggiuntivo, room service, lavanderia) e prenotare unicamente strutture che offrano servizi rispondenti. Per verificare la qualità dell’hotel, poi, sarà sempre opportuno effettuare un’ispezione in loco.

Tra i compiti preliminari del travel manager, infine, compare l’individuazione di un unico metodo di pagamento (carte di credito o lodge) che permetta di concentrare e controllare la spesa.

Al tavolo delle trattative

E veniamo alla negoziazione vera e propria. Il travel manager dovrà presentarsi all’incontro con il fornitore avendo stabilito in anticipo, e con grande accuratezza, quella che in gergo viene chiamata “Batna” (best alternative to a negotiated agreement), ovvero il ventaglio di possibili alternative nel caso la trattativa non andasse in porto nei termini auspicati. In questo modo egli riuscirà ad affrontare con maggiore tempestività ed efficacia gli eventuali incerti della negoziazione, individuando comunque una soluzione valida.

All’inizio dell’incontro le controparti cercheranno di creare un clima sereno, che ben predisponga alla trattativa e che consenta di comprendere gli obiettivi e gli interessi in gioco. Poi passeranno alla negoziazione vera e propria, una fase dinamica durante la quale il travel manager dovrà essere estremamente attento a non interpretare in maniera sbagliata i segnali del fornitore, magari perché fuorviato dai propri pregiudizi personali. La buona riuscita di una trattativa dipenderà in larga misura dall’ampiezza della cosiddetta “Zopa” (zona di possibile accordo), ovvero la disponibilità da ambo le parti a trovare un compromesso, discostandosi in maniera ragionevole dagli obiettivi di partenza. Se una negoziazione sarà stata condotta in maniera valida, il prezzo pattuito si collocherà più o meno a metà strada tra l’obiettivo massimo dell’azienda e quello del fornitore. Si potrà parlare, dunque, di un accordo stipulato in una logica “win-win”, ovvero soddisfacente per le controparti. Una volta giunti a un accordo, si passerà a una stesura scritta nella quale verranno messe nero su bianco dettagli e clausole. Prima, però, il travel manager potrà tentare di negoziare servizi aggiuntivi o gratuiti, quali l’uso del parcheggio, il minibar e la consegna del quotidiano. Il suo lavoro, infine, proseguirà anche dopo la negoziazione con un costante monitoraggio dei contratti, utile per mantenere vivo il rapporto con il fornitore e verificarne le performance.

Gli errori da non commettere

Fin qui, i comportamenti “virtuosi”. Ma quali sono gli errori da non commettere in fase di negoziazione? In primo luogo, è bene evitare di presentare al fornitore dati imprecisi o, addirittura, gonfiati: se i dati non sono veritieri, la negoziazione non potrà avere alcun successo. Non serve, inoltre, strappare un prezzo che l’albergatore non è in grado di sostenere: l’unico risultato che otterremo sarà di non trovare mai una camera disponibile alla tariffa che abbiamo negoziato (come accennato, una negoziazione di successo è soddisfacente per l’azienda, ma anche per l’albergatore). Infine, l’azienda non deve pretendere a tutti i costi di ottenere una tariffa negoziata: fortunatamente le nuove logiche tariffarie di vendita degli hotel (“Bar”, best available rate) offrono anche alle imprese che non hanno numeri importanti per negoziare la possibilità di prenotare a tariffe vantaggiose.

A negoziazione conclusa, infine, il travel manager dovrà vigilare affinché i dipendenti utilizzino esclusivamente le tariffe negoziate ed evitino di effettuare prenotazioni in autonomia, altrimenti perderà il controllo della spesa e gli sforzi per negoziare saranno stati vani.

Il panorama alberghiero italiano

Numero alberghi in Italia: oltre 33.500 (contro i 20mila della Francia e i 17.600 della Spagna)

Numero camere: oltre 1 milione, per un totale di 2 milioni di posti letto

Numero pernottamenti annui: 240 milioni

Suddivisione percentuale per numero di stelle: alberghi a 1 stella 15%, alberghi a 2 stelle 23,6%, alberghi a 3 stelle 49,7%, alberghi a 4 stelle 11%, alberghi a 5 stelle 0,7%. Nel 2007 si è registrato un incremento nel numero delle strutture a 3, 4 e 5 stelle, a fronte di una flessione degli alberghi più economici (1 e 2 stelle).

Numero catene alberghiere nazionali: oltre 200, pari al 3,8% degli alberghi e al 10% delle camere

Numero catene alberghiere internazionali: 27, pari all’1% degli esercizi e al 4% delle camere. In Francia questa percentuale è del 22%, in Spagna del 31%

Strutture indipendenti (prevalentemente a conduzione familiare): 95,3% del totale, pari all’86% delle camere

Fonte: Rapporto 2007 sul Sistema Alberghiero in Italia, Federalberghi

I sì e i no della negoziazione

DA FARE

– Identificare gli alberghi strategici per le trasferte aziendali;

– raccogliere dati utili per la negoziazione (quanto spende l’azienda, quando, cosa offre il mercato);

– identificare i parametri di scelta dell’albergo (vicinanza dal luogo di lavoro, facilities ecc.);

– identificare i bisogni del viaggiatore, in modo da garantirgli un adeguato confort;

– eseguire un’ispezione in loco;

– individuare una formula di pagamento unica (carte di credito o lodge) che consenta di esercitare un controllo sulle spese;

– una volta conclusa la vera e propria negoziazione tariffaria, tentare di negoziare servizi aggiuntivi e gratuiti (parcheggio, minibar, giornali);

– tenere monitorati i contratti.

DA NON FARE

– Presentarsi alla negoziazione con dati poco precisi o addirittura gonfiati;

– pretendere a tutti costi una tariffa negoziata. Oggi gli schemi tariffari degli hotel (best available rate) consentono anche alle aziende con scarsi volumi di prenotare tariffe convenienti;

– strappare all’albergatore un prezzo che non è in grado di sostenere;

– una volta condotte le negoziazioni, lasciare che i dipendenti prenotino in autonomia, scegliendo strutture non preferenziali; il rischio è una perdita di controllo della spesa.

Testo di Claudia Castillo Ortiz (*) e Arianna De Nittis – Mission N. 4, maggio 2008

(*) Claudia Castillo Ortiz opera nel settore travel& tourism da 15 anni, durante i quali ha maturato una forte esperienza nella gestione e negoziazione dei servizi alberghieri. Messicana, una laurea in Gestione Alberghiera e un Master di specializzazione, ha compiuto diverse esperienze professionali negli Stati Uniti e in Europa. È giunta in Italia nel 2000 entrando a far parte del gruppo Ventura BCD travel, con la responsabilità di implementare e sviluppare la Divisione Hôtellerie. Attualmente collabora con il gruppo come Strategic Project Consultant.

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