Alitalia svela il rosso

Alitalia: il Governo vuole vedere le carte. E’ un tutti contro tutti

All’interno di Alitalia sembra una guerra tra bande: management di estrazione Etihad contro quella “italiana”, con l’appoggio delle banche creditrici-azionisti contro l’azionista di riferimento, ovvero il vettore emiratino. Con il silenzio degli altri azionisti tricolori. Il ministro allo Sviluppo Carlo Calenda contro l’intero management, “l’azienda è stata gestita male. E di questa mala gestione non la devono pagare i lavoratori”.

Lavoratori, appunto, che temono tagli al personale, almeno 1600 si continua a dire, e agli stipendi, soprattutto per quella fetta che lavora sul corto-medio raggio. E che non fanno mancare, almeno quelli più sindacalizzati, il “solito” sciopero, come hanno già minacciato i sindacati che, oltre allo sciopero generale del settore per il prossimo 20 gennaio, puntano a un’altra agitazione a febbraio. Continui scioperi che nel passato hanno fatto imbufalire (e il termine è dei più indicati)  l’ad di Alitalia Cramer Ball (leggi qui). Ball che sta camminando sul filo proprio come il suo connazionale James Hogan, vicepresidente (in uscita dicono in molti) di Alitalia, ma anche ad di Etihad (anche qui non troppo saldo, visto che gli investimenti europei da lui orchestrati stanno costando al vettore circa 2,5 miliardi di euro).

Una mala gestione che Luca Cordero di Montezemolo, garante per gli investitori anche nei confronti dello Stato, non nasconde ma che, con il suo solito stile scanzonato, minimizza, come quando affermava che nel 2017 Alitalia sarebbe tornata in chiaro (leggi qui).

Il piano che non c’è. Il governo vuole vedere le carte da Alitalia

La documentazione di 158 pagine che Hogan&Ball (Montezemolo non c’era….) hanno portata sul tavolo governativo nell’incontro al Mise dei giorni scorsi non ha convinto i  ministri Graziano Delrio e Carlo Calenda, che ha sottolineato come “non esiste che si parli di esuberi prima di presentare un piano. Lo attendiamo”.

Ecco, appunto, il piano che c’è e non c’è, e che dovrebbe esser discusso a fine mese. U punti salienti già si conoscono; esuberi per almeno 1600 dipendenti, soprattutto per il personale di terra, tagli agli scatti e ad alcuni emolumenti, messa a terra di circa 15 A320 e conseguenti tagli di rotte non produttive, la Malpensa-Fiumicino ma non solo, una rimodulazione delle alleanze, quella con Air France-Klm scade proprio oggi, con l’obiettivo di ottenere più voli vero il Nordamerica.

Ma basterà a salvare per l’ennesima volta il vettore tricolore che non vede un bilancio in positivo dal 2009, gestione Cempella? Manager capace Domenico Cempella, che rumors dicono sia stato contattato per riprendere in mano il timone della compagnia. Così come altri voci dicono che il “prescelto” dagli azionisti italiani sia Corrado Passera, con la “macchia” sul suo Cv del Piano Fenice , certamente non uno dei più riusciti per il rilancio del vettore, anche per la comunità, visto che la rinuncia alla vendita ad Air France-Klm privilegiando i cosiddetti capitani coraggiosi è costato allo Stato svariati miliardi…

“All’epoca, il governo di Silvio Berlusconi bloccò la vendita di Alitalia al vettore franco-olandese e organizzò una cordata di imprenditori per acquistare Alitalia e preservarne “l’italianità”. L’operazione, a detta di quasi tutti i commentatori, si è rivelata un disastro. Non solo la cordata chiamata CAI  acquistò Alitalia per 700 milioni di euro in meno rispetto all’offerta fatta da Air France-KLM, ma acquistò soltanto la parte “sana” della compagnia. Debiti e personale in più furono trasferiti in una cosiddetta “bad company” che rimase a carico dello Stato” ricorda Andrea Giuricin, esperto di trasporto aero e docente di economia dei trasporti all’Università Milano Bicocca. E, secondo molti, di miliardi per andare avanti ne servirebbe almeno un altro. Che le banche non vogliono mettere, come detto dai rappresentanti di Intesa San Paolo nel vettore Gaetano Miccichè e di Unicredit Gianni Papa, anch’essi presenti al recente incontro al Mise, così come Etihad, che neppure può per non superare il tetto del 49% del capitale.

Buttare il bambino con l’acqua sporca?

Sembra ormai un accanimento terapeutico per Alitalia, come, anche da tempo, sottolineano in molti, tra cui Andrea Boitani, docente di Economia politica alla Cattolica di Milano, che al Corriere dice: “in Europa c’è un eccesso di capacità produttiva. […]  Alitalia era già senza speranze nel 2000. Chiamarla compagnia di bandiera non ha più senso. Bisognava chiuderla e trasformarla. Con coraggio”.

Insomma azzerare tutto? Anche quel lavoro, egregio a detta di molti, che ha finalmente riportato i servizi Alitalia a un livello più alto rispetto a solo pochi anni fa, a partire dal catering per passare alle nuove classi, la Magnifica o la Premium economy, per arrivare alle divise (che non possono piacere a tutti ma lo sforzo, eccome, c’è stato, vedile qui) o,semplicemente, alla cortesia e alla professionalità degli equipaggi? Un miglioramento che, forse, molti viaggiatori, anche business, non sanno. Attendiamo fine mese per sapere come e quando questi “miglioramenti” potranno veramente rilanciare Alitalia. O diventare definitivamente il bambino da buttare. E’ una Mission (im)possible?

Lascia un commento

*