Benefit su ruote

Ormai l’auto occupa un posto di rilievo tra i fringe benefit, ovvero i premi e servizi offerti dall’azienda al dipendente in aggiunta alla retribuzione già corrisposta per contratto. «L’interesse delle imprese nei confronti di questo strumento è notevolmente aumentata negli ultimi anni – sottolinea Stefania Baldi Forti, direttore commerciale e marketing della società di noleggio a lungo termine Car Server -. Presso i nostri clienti, l’auto come fringe benefit viene concessa a tutti i top manager (direttori generali, amministratori delegati), a circa l’80% delle altre figure manageriali (direttori amministrativi, del personale ecc.) e al 70% del personale tecnico».

Ulteriori dati emergono dalla tredicesima edizione dell’Indagine retributiva di Assintel (luglio 2003), realizzata intervistando 147 imprese del settore Ict basate sul territorio italiano. Lo studio registra un crescente ricorso ai benefit per motivare e fidelizzare il personale (in particolare, i responsabili commerciali). Evidenzia inoltre che il 23% delle aziende campione assegna l’auto alle figure di particolare responsabilità, il 19% offre questo benefit ai quadri e il 13% lo estende anche agli impiegati.

I motivi della diffusione

Ma quali sono i motivi della rapida diffusione di questa pratica presso le aziende italiane? Per comprendere a fondo le ragioni è opportuno soffermarsi sulle problematiche fiscali connesse alle auto aziendali. A regolamentare la materia è l’articolo 164 del nuovo Tuir, ex articolo 121-bis, Dpr 917/86. Particolarmente restrittiva riguardo alle vetture utilizzate esclusivamente per lavoro, questa normativa favorisce l’assegnazione ai dipendenti della vettura a uso promiscuo, in quanto consente all’impresa di dedurre integralmente i costi di acquisto, manutenzione e utilizzo. Per il dipendente, il valore del benefit sarà pari al 30% dell’importo corrispondente a una percorrenza media di 15mila chilometri, calcolato sulla base delle tabelle Aci, Automobile Club d’Italia. Ricordiamo che le tabelle vengono elaborate entro il 30 novembre di ogni anno e comunicate al ministero delle Finanze, che provvede alla pubblicazione entro il 31 dicembre.

Va sottolineato, però, che in Italia l’Iva sull’acquisto dell’auto è detraibile solo per il 10%, contro il 50% del Belgio, della Germania e della Francia e addirittura il 100% della Svezia. A conti fatti, dunque, l’assegnazione dell’auto aziendale consente alle imprese un significativo risparmio in termini di costi solo se offerta al personale in sostituzione di un aumento in busta paga, mentre l’onere dell’Iva la rende meno vantaggiosa rispetto ad altre forme di benefit (alloggi, assicurazioni sulla vita, pensioni integrative, premi vacanze ecc.).

Il principale vantaggio dell’auto in fringe benefit, dunque, consiste nel suo elevato valore premiante nei confronti del personale. A differenza di quanto accade in altri paesi, infatti, in Italia l’auto è ancora considerata un bene di grande valore e, spesso, uno status symbol. «L’assegnazione dell’auto aziendale – sottolinea Baldi Forti – costituisce un potente strumento di fidelizzazione nei confronti del dipendente, che la percepisce come premio e come riconoscimento del proprio valore all’interno dell’azienda». E i vantaggi, per il dipendente, sono concreti: grazie all’assegnazione dell’auto aziendale, infatti, ha la possibilità di usufruire di tariffe e servizi ai quali difficilmente potrebbe accedere da solo (ad esempio, polizze assicurative negoziate dall’azienda a tariffe decisamente convenienti).

«Va detto, però – aggiunge Baldi Forti -, che per sfruttare appieno il valore premiante della vettura, e non ridurla a una semplice forma di remunerazione, è necessario mettere a punto una car policy efficiente, che preveda aggiornamenti e verifiche periodiche».

La definizione della car policy

E allora, di quali elementi deve tenere conto la car policy perché l’autovettura rappresenti realmente un efficace strumento di incentivazione del dipendente? Il principale elemento da considerare è la preparazione del “listino” dei veicoli che l’azienda intende assegnare ai suoi collaboratori. In genere, i diversi modelli di veicolo sono ripartiti per categorie, alle quali vengono fatte corrispondere differenti figure professionali. «La ripartizione “tipo” prevede cinque fasce di assegnazione: il top management, i manager, i venditori, i tecnici e i servizi generali – spiega Baldi Forti -. Ovviamente, a un più elevato status aziendale corrisponderà anche un superiore prezzo di listino o una maggiore cilindrata dell’auto assegnata. Inoltre, più alta è la fascia di appartenenza minori sono i vincoli: ad esempio, ai top manager sarà consentita la libera scelta del veicolo, ai venditori sarà offerta la possibilità di scegliere tra quattro o cinque modelli selezionati in precedenza dall’azienda, mentre il personale dei servizi generali usufruirà delle cosiddette auto “in pool”». Negli ultimi anni, a questa modalità di assegnazione, forse la più idonea a tutelare l’immagine esterna dell’azienda e il rispetto della gerarchia aziendale, se ne sono aggiunte altre. Molte imprese, ad esempio, consentono ai dipendenti di effettuare l’upgrade della vettura, ovvero di scegliere un veicolo con un prezzo o una cilindrata più elevate di quelli previsti dalla car policy pagando personalmente la differenza. In altri casi, invece, a tutti i dipendenti, a prescindere dalla qualifica aziendale, viene offerta la possibilità di scegliere la vettura che desiderano all’interno di un importo prestabilito.

Tra gli altri fattori da tenere in conto quando si assegna una vettura in fringe benefit, rientrano il costo della polizza di assicurazione per il modello prescelto e il valore residuo a scadenza. Un parametro, quest’ultimo, non facilmente controllabile perché richiede al responsabile della flotta di tenersi costantemente aggiornato sull’offerta di nuove auto, sui tempi di rinnovo dei modelli da parte delle case automobilistiche e sui fattori che influenzano la valutazione dell’usato. Per venire incontro a questa specifica esigenza, negli ultimi anni alcune società di noleggio a lungo termine – sulla scia di quanto già avviene all’estero – hanno incominciato a proporre anche in Italia formule, cosiddette “open book”, che prevedono la piena visibilità dei singoli costi di gestione delle vetture, quali l’ammortamento, gli pneumatici, le tasse di proprietà ecc.

Una volta definiti i criteri di assegnazione, poi, si passerà a stabilire le procedure(comportamento in caso di multe, incidenti, gestione della scheda carburante, utilizzo della vettura da parte dei familiari ecc.). Nonostante vi siano ancora diverse grandi aziende che adottano car policy piuttosto rigide, la tendenza attuale è di definire procedure flessibili, che consentono al dipendente la massima libertà nell’utilizzo dell’auto e ne amplificano, in tal modo, il valore premiante. «Per garantire la massima chiarezza nei rapporti tra azienda e personale, comunque – sostiene Baldi Forti -, noi consigliamo alle aziende clienti di stipulare con il dipendente un vero e proprio contratto che regolamenti in maniera dettagliata le condizioni di utilizzo del veicolo».

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