Fs mette le ali(talia). Ma in tanti si sfilano

Fs mette le ali. L’offerta vincolante per il 100% di Alitalia da parte delle Ferrovie dello Stato è arrivata. Gli avvocati dello studio Cleary Gottlieb, advisor delle Ferrovie insieme a Mediobanca per la parte finanziaria, hanno infatti elaborato la lettera di formalizzazione dell’offerta che prevede, però, una serie di condizioni, tra cui la principale è la presenza di un partner industriale, soprattutto per il rafforzamento del lungo raggio. Ma la maggior compagnia indicata ad esserlo, ovvero la tedesca Lufthansa ieri si è sfilata, sottolineando che non sarebbe mai entrata in società insieme allo Stato. E senza potere decisionale. “Possiamo immaginare una  partnership di natura commerciale” ha detto il Ceo Carsten Spohr, parlando del vettore tricolore in occasione della presentazione dei risultati del  terzo trimestre, “ma non siamo intenzionati a considerare un investimento con lo Stato italiano”. Scoglio decisionale che vede anche Delta, compagnia statunitense già partner di Alitalia, che, assistita da Goldman Sachs, chiede di poter concorrere alla governance, sia in termini di presenza nel cda della newco (7-9 membri), sia con poteri di veto su alcune decisioni industriali. La terza indiziata, visto che nessun vento dall’Est sembra alzarsi prima della scadenza delle 18.00 di oggi, sappiamo esser easyJet, vettore focalizzato sul breve e medio raggio (qui la nostra intervista esclusiva al Ceo Lundgren, che parla anche di Alitalia).

Fs mette le ali(talia). Ma in tanti si sfilano, sia dal punto di vista industriale che finanziario

E il governo nel salvataggio (rilancio) di Alitalia, oltre a Ferrovie dello Stato, vuole portare a bordo anche altre società dello Stato, grazie alle quale arrivare almeno al 51% della compagnia, in quanto Fs dovrebbe metterci solo 100 milioni (manco per un aereo…). Società da cui però sono arrivate una sfilza di dinieghi: Leonardo ed Eni, fornitore del vettore tricolore, nonché suo importante creditore, entrambe partecipate dal Mef, hanno detto un “no” un po’ sommesso, mentre decisa la risposta negativa di  Giuseppe Guzzetti, presidente dell’Acri che rappresenta le Casse di Risparmio e le Fondazioni bancarie, azioniste di Cdp al 15,93%, con in più un diritto di veto sulle operazioni strategiche. “L’ho detto e lo ripeto, è diventato un ritornello e sul punto siamo rigidissimi: in Alitalia, Cdp non deve mettere un euro per nessuna ragione. Siccome sono votazioni a maggioranza qualificata, il sistema delle Fondazioni mi ha già dato mandato di dire che non voteremo investimenti in Alitalia. Per non mettere a rischio i risparmi degli italiani”. Che rischierebbero anche se Cdp facesse solo il lessor per noleggiare gli aerei (ma a prezzo di mercato, sennò sarebbe aiuto di stato), visto che non è nelle sue corde un tale business, che altri soggetti fanno da anni.
Un rischio che subirebbe anche il bilancio di Ferrovie dello Stato, come ha detto in un’intervista a Repubblica l’ex amministratore delegato di Fs, Renato Mazzoncini, con il dente un po’ avvelenato con questo governo, visto che, nonostante i buoni risultati, è stato sostituito da Giuseppe Battisti: “L’acquisizione di Alitalia rischia di mettere in difficoltà i conti delle Ferrovie dello Stato, peggiorando drasticamente tutti gli indicatori del proprio bilancio di gruppo. Il peggioramento del rating, unito al pericolo che resti alto lo spread Paese, renderebbe certamente maggiore il costo del denaro con il rischio che diventi troppo oneroso completare il rinnovo della flotta regionale”. Pagano i pendolari insomma se Fs mette le ali. Così come pagheranno tutti i viaggiatori per il ventilato prepensionamento di piloti e assistenti di volo di Alitalia, con una ulteriore tassa di imbarco di tre euro…

Conti in pericolo se Fs mette le ali anche per il professore esperto di trasporti, Andrea Giuricin, che sottolinea su twitter come le perdite del vettore stimate per il 2018, ovvero 453 milioni di euro sarebbero superiori agli utili netti del gruppo ferroviario dello scorso anno, ovvero 417 milioni. Insomma il problema, oltre che gestionale, per cui sono stati fatti importanti passi in avanti dal nuovo management, sono i soldi. Che i nuovi proprietari, oltre che per l’operatività corrente, dovrebbero sborsare anche per tornare in possesso del totale del programma Millemiglia, oggi per il 75% in mano all’ex-socio Etihad, quota per i quali  i commissari straordinari di Alitalia,  Luigi Gubitosi, Enrico Laghi e Stefano Paleari, stanno trattando sulla base di 30-50 milioni. E che dire dei 900 milioni, da rivalutare, del prestito-ponte? Sotto la lente dell’Ue peraltro? Insomma, come sempre in questa telenovela dei cieli, basta aspettare per sapere se Alitalia sarà realmente rilanciata. Anche se per molti, ma non per il vicepremier Di Maio, sarebbe già tardi.

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