Hotel policy sotto la lente

L’albergo è una delle voci di spesa maggiormente soggette al “fai da te”, ovvero alla prenotazione diretta da parte del dipendente, senza alcun controllo da parte dell’azienda. Mai come in questo settore, dunque, è fondamentale che le imprese adottino un approccio strutturato, imponendo al personale regolamenti precisi e valide linee guida. Senza un attento governo, infatti, l’azienda rischia di veder sfumare interessanti opportunità di saving, derivanti dalla possibilità di concentrare le prenotazioni su pochi fornitori preferenziali e di sfruttare gli ingenti volumi di spesa per “strappare” ai supplier tariffe più convenienti, ma anche servizi e benefit aggiuntivi.

«Attualmente le aziende utilizzano due differenti tipologie di hotel policy – spiega Francesco Sottosanti, direttore generale della società di consulenza 2Bconsistent -: le più semplici lasciano al dipendente ampia libertà di scelta sull’albergo da utilizzare, purché la spesa rientri nell’ambito di un budget prefissato. Le più evolute, invece, oltre a illustrare le linee guida aziendali in tema di hôtellerie, forniscono un elenco dettagliato degli alberghi con i quali l’impresa ha negoziato tariffe preferenziali. In genere, qualora nessuna di queste strutture disponga di camere libere, la policy chiede al personale di affidarsi all’agenzia di viaggio partner, che saprà individuare la struttura più adatta in base ai regolamenti aziendali».

«Attualmente quasi tutte le grandi imprese redigono una travel policy relativa agli alberghi – spiega Ercolino Ranieri, amministratore delegato della società Seneca CM&P, specializzata nella consulenza alle aziende nel campo dell’hôtellerie -. Non sempre, però, queste travel policy sono aderenti al contesto. Spesso le aziende, infatti, scelgono le strutture in base a parametri tipo il prezzo o la categoria degli hotel che non rispecchiano, da soli, la realtà del mercato alberghiero nazionale. Soprattutto non costituiscono mai una garanzia effettiva di un buon rapporto qualità/prezzo.

«In maniera non dissimile dai regolamenti relativi alle prenotazioni aeree, le travel policy aziendali per quanto concerne gli hotel hanno l’obiettivo di contenere le spese di viaggio – prosegue Ranieri -. Le aziende, però, tendono a sottovalutare il mercato alberghiero, che è molto più variegato e per certi versi complesso di quello aereo, basti pensare al numero di interlocutori. Per orientarsi in questo mercato, dunque, è certamente utile affidarsi a professionisti che abbiano un’approfondita conoscenza del settore. Aggiungo, inoltre, che la stesura di una valida travel policy, che riporti un elenco “ragionato” di fornitori preferenziali, è un progetto che richiede tempi di realizzazione medio-lunghi».

Verso un approccio strutturato all’hôtellerie

Un esempio di hotel policy in fase di evoluzione ci viene offerto da Alberto Caumo, responsabile acquisti alle Assicurazioni Generali. Il gruppo Generali, con rappresentanze in 40 paesi nel mondo, è presente in Italia con una direzione centrale a Trieste, sedi direzionali a Mogliano Veneto (in provincia di Treviso), Milano, Roma, nonché sedi periferiche su tutto il territorio nazionale. «Attualmente spendiamo per i servizi di hôtellerie in Italia e all’estero circa 4 milioni di euro all’anno – spiega Caumo -. In Italia, i volumi sono concentrati prevalentemente nelle città di Roma, Milano e Trieste, dove si trovano le sedi dell’azienda, ma anche in numerose altre località italiane che ospitano i corsi di formazione diretti al personale di vendita. A negoziare le tariffe con le principali catene alberghiere italiane e internazionali è la business unit Acquisti di Gruppo, del quale faccio parte. L’elenco completo dei fornitori partner e delle tariffe convenzionate viene poi reso disponibile a tutte le società del gruppo in formato elettronico.

«Il “menù” degli alberghi convenzionati comprende numerose strutture a quattro e tre stelle, tutte sottoposte a verifica per accertarsi che offrano servizi di buon livello – dichiara Caumo -. I dipendenti hanno la possibilità di scegliere liberamente quale struttura prenotare, indipendentemente dal ruolo che ricoprono all’interno dell’azienda. L’elenco, inoltre, include una ridotta selezione di hotel a cinque stelle, che la nostra hotel policy riserva esclusivamente ai top manager».

In genere le tariffe alberghiere negoziate da Assicurazioni Generali includono il pernottamento e la prima colazione. «Tutti gli extra sono a carico del dipendente, ad eccezione delle telefonate di lavoro (l’assegnazione ai dipendenti di cellulari aziendali, però, ha permesso all’azienda di ridurre in maniera significativa questa voce di spesa) – sostiene il responsabile acquisti -».

Ma come si svolge la prenotazione dei servizi alberghieri? «Ad oggi, le operazioni di prenotazione sono decentrate nelle diverse società del gruppo e impegnano un numero consistente di risorse. Ogni dipendente, attraverso le segreterie di competenza, effettua liberamente la prenotazione all’interno delle strutture convenzionate. Abbiamo in progetto, però, di approdare a una gestione centralizzata, inaugurando un Ufficio Viaggi interno nella società Generali Servizi Amministrativi (azienda satellite che segue tutte le attività amministrative del gruppo). La centralizzazione ci consentirà, in collaborazione con la nostra agenzia di viaggi di fiducia (Uvet American Express Corporate Travel, ndr) di indirizzare ancor meglio il personale su specifiche strutture convenzionate, in modo da concentrare il volume di spesa su poche catene alberghiere e ottenere in tal modo tariffe più competitive, nonché alcuni benefit per i nostri viaggiatori (ad esempio, l’accesso gratuito alla connessione wireless).

«Rientra in questa revisione dei processi l’assegnazione ai dipendenti di carte di credito aziendali appoggiate sul conto corrente personale – conclude Caumo -. Abbiamo dato istruzione alle compagnie alberghiere di fatturare l’utilizzo della camera direttamente al personale viaggiante, che paga il conto con la propria card. La carta è gratuita e prevede l’addebito sul conto corrente dopo 60 giorni. Il dipendente, dunque, solitamente ottiene il rimborso ancor prima di ricevere l’addebito da parte della società di carte di credito. L’adozione di questo strumento ci ha permesso di ridurre drasticamente gli anticipi di cassa, nonché di raccogliere più facilmente dati di spesa relativi all’hôtellerie e di limitare il numero delle fatture, semplificando le procedure amministrative. Solo in caso di “no show” abbiamo predisposto la fatturazione del servizio all’azienda, la quale poi ha il compito di verificare le ragioni del mancato utilizzo della camera ed eventualmente di rivalersi sul dipendente, imputandogli il costo. Per arginare questo fenomeno, in ogni caso, cerchiamo di concordare con gli albergatori modalità di disdetta molto elastiche, in genere fino alle ore 14 del giorno stesso o, in alcuni casi, addirittura fino alle 18».

Testo di Simona Greppi, Mission N. 3, aprile 2006

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