L’amministrazione Trump irrompe nel business delle compagnie aeree

Con le sue scelte di politica estera, che si ripercuotono su quella interna, e su quelle economiche all’insegna del protezionismo, le prime mosse dell’amministrazione Trump vanno a influenzare sia il business delle compagnie aeree sia tutto il mondo dei viaggi, siano questi d’affari o per turismo.

L’amministrazione Trump contro i vettori stranieri  che “fanno dumping”

Gli sbarchi di compagnie aeree del tipo di Air Asia, Air Austral o Norwegian sul suolo statunitense, non piacciono molto all’amministrazione Trump dicendosi contro il “dumping economico che accompagna i progetti di queste compagnie”. E si dice pronto anche ad agire contro le compagnie del Golfo, Emirates e Qatar Airways in particolare, accusate di aiuti illeciti già nel febbraio del 2015 dall’amministratore delegato di Delta  Richard Anderson. Intanto dopo  Buy American, hire American, l’amministrazione Trump lancia anche Fly American, almeno per tutti i dipendenti pubblici.

Il decreto Trump anti-immigrazione colpisce anche i sistemi dei vettori

Il decreto anti-immigrazione firmato da Donald Trump, oltre ad aver alzato un polverone in tutto il mondo, colpisce anche i sistemi di prenotazione e di gestione dei vettori aerei, che ora devono cancellare o non permettere l’acquisto di biglietti con destinazione Stati Uniti ai cittadini di sette paesi islamici, ovvero Siria, Libia, Iran, Yemen, Iraq, Somalia e Sudan. I detrattori del decreto sottolineano che, invece, i cittadini di paesi come Arabia Saudita, Afghanistan, Libano o Emirati Arabi, paesi patria dei terroristi dell’11 settembre o di altri attentati, non sono stati colpiti dal provvedimento.

Dalla Casa Bianca però si minimizza: “Non è successo alcun caos. Solo due dozzine di viaggiatori sono stati bloccati negli aeroporti”, ha detto il capo staff Reince Priebus, sottolineando che circa 325 mila viaggiatori sono entrati ieri negli Stati Uniti e solo 109 sono stati fermati, molti dei quali lasciati poi passare in un secondo momento.  “La maggior parte di questi è stata poi lasciata passare”. Probabilmente, riporta il New York Times, anche per il fatto che Trump avrebbe già depotenziato l’ordine esecutivo esentando dal divieto di ingresso i possessori della carta verde che garantisce il soggiorno su territorio americano.

La Silicon Valley contro il decreto

Tutte le big della Silicon valley si dicono contrarie al provvedimento dell’amministrazione Trump, annoverando tra le loro fila diversi “cervelli” provenienti dai paesi incriminati. Microsoft, Netflix e, soprattutto Apple, “senza l’immigrazione non esisterebbe Apple”, con Jobs che vanta un padre siriano, ha affermato in una nota il ceo della Mela Morsicata Tim Cook, mentre a, Brian Chesky, cofondatore e Ceo di Airbnb ha annunciato su Twitter che la sua impresa alloggerà gratuitamente le persone bloccate all’estero a causa del decreto.

E anche l’Europa si dice preoccupata oltre che per questa decisione anche per una frase inclusa nel decreto, dove si dice che il governo americana si riserva “di intervenire sui dati di chi proviene dall’estero, controllandoli liberamente senza alcun mandato”. Quindi anche i viaggiatori d’affari. E gli imprenditori magari concorrenti di qualche società americana…

 

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