Come costruire una car policy “green”

Costruire una car policy veramente orientata  all’ecologia non è facile: non esiste un modello  generale di riferimento, ma tante iniziative  messe in campo dai produttori e dai noleggiatori.  D’altro canto, all’interno delle stesse  aziende c’è talvolta confusione su quali obiettivi  raggiungere grazie alla car policy verde: se da un  lato si desidera stimolare un’iniziativa molto sentita,  dall’altro spesso non si vuole rinunciare al  prestigio di alcuni modelli che consumano e inquinano più di altri, specie nelle fasce alte, e, contemporaneamente  si pretendono dei risparmi spesso difficili da raggiungere. Un rebus difficile da risolvere.
Di fatto, le flotte aziendali inquinano sempre meno grazie ai rinnovi delle auto a noleggio a lungo  termine (Nlt), che introducono modelli di recente produzione con emissioni minori, a causa dell’obbligo  a cui i fabbricanti devono ottemperare a seguito delle delibere dell’Unione Europea. Un dow downsizing
che le aziende stanno utilizzando anche a  causa dell’aumento dei canoni che, nel momento  attuale, spinge i clienti delle società di noleggio a orientarsi verso modelli che, spesso a parità di potenza, montano motori più piccoli e performanti, quindi meno inquinanti e meno costosi, che consumano meno e abbattono le emissioni.

Circostanze che favoriscono una green policy
Oltre al contenimento dei costi, spesso alla base delle scelte di downsizing, ci sono altre circostanze che rappresentano dei presupposti quasi necessari perché s’inneschi nell’azienda il sincero desiderio  di realizzare una green policy all’avanguardia e veramente efficace. Prima fra tutte la volontà  del top management, detentore della cult solo per la capacità di trasmettere i valori fondanti e gli obiettivi dell’azienda, ma anche perché solo il top management è in grado di rendere disponibili le risorse necessarie ad avviare un progetto  di green policy. Infatti, non esistendo un modello standard di green policy adottabile da  tutte le aziende, è necessario pianificare un percorso di apprendimento che porti il fleet manager  a padroneggiare i principali concetti alle base di una policy ecologica, a riconoscerne gli elementi necessari e a formarsi un’idea, che deve essere sorretta da dati adeguati, sulle soluzioni che possono essere adottate.
Tutto ciò richiede un certo investimento di tempo e, talvolta, anche di tipo economico, a discapito di altre iniziative (in tempi di risorse limitate) e di  altre priorità aziendali. Per questo le aziende tendono  ad aumentare il ROI di questo tipo d’investimento includendo il progetto di green car policy all’interno della comunicazione sociale dell’azienda, trasformando di fatto un costo operativo in una spesa di marketing: questa circostanza indubbiamente aiuta la car policy green a ottenere adeguate risorse per affermarsi. Infine, va ricordato che un impulso importante alle scelte ecologiche delle aziende deriva spesso da iniziative europee o globali delle grandi multinazionali che impongono a tutte le loro sedi determinati obiettivi in termini di riduzione delle emissioni e di sostenibilità aziendale. Senza la presenza di almeno una delle circostanze indicate, è difficile che una car policy green decolli: si tratta di un impegno troppo gravoso se ricade solo sulle spalle del fleet manager, che senza l’effettivo sostegno di tutta l’azienda, compresi i  driver, e senza la condivisione da parte del top management, non è certamente in grado d’introdurre  un cambiamento, soprattutto di mentalità, così radicale.

Istruzioni per una green policy efficace
Il sostegno del vertice aziendale non solo deve essere appassionato, ma anche paziente: una green  policy non s’improvvisa in poche settimane e, come ogni progetto che va a incidere sull’organizzazione  e sui benefit, presenta molte opportunità, ma anche parecchi rischi, che vanno opportunamente  analizzati e affrontati in maniera appropriata. Alcune innovazioni non possono magari  essere introdotte da subito: a questo proposito, va specificato che la green policy, una volta adottata,  non è valida per sempre, ma va rivista e aggiornata  periodicamente. Limiti delle emissioni,  modelli e atteggiamenti del mercato e della società civile mutano e si evolvono in continuazione, perciò è necessario come minimo essere in linea  con i parametri del mercato. Inoltre, un’azienda innovativa cerca di anticipare le soluzioni del  mercato, pianificando le nuove iniziative e le future regole in un periodo che va dal brevissimo  termine (poche settimane) fino a un orizzonte  temporale di almeno tre anni: in questo modo il  fleet manager è in grado di pianificare un programma ecologico coerente ed efficace, attraverso  la definizione di tempi e di “milestone” vincolanti, contenuti in un vero e proprio “progetto  verde” che deve essere pianificato, controllato e ripianificato costantemente, secondo l’esperienza e a seguito dei dati di mercato aggiornati.  Il fleet manager è quindi responsabile di attivare efficaci canali informativi e di costruire un sistema  di misurazione e valutazione dei dati interni e di quelli provenienti dal mercato, elaborando un  data base interno di riferimento. A questo proposito, basti citare il problema di tradurre i dati teorici sulle emissioni inquinanti di ciascun modello, fornite dalle case costruttrici, in informazioni sulle  emissioni effettive della flotta gestita dal fleet manager: per fare questo, è necessario un certo numero di misurazioni dirette (tramite dispositivi  montati a bordo) o indirette (per esempio attraverso i dati dei consumi registrati sulle fuel card  elettroniche), che consentano al fleet manager di formarsi un parere e scegliere la configurazione  di modelli e motori più indicati, oppure lo convincano a proporre iniziative verso i driver, come i corsi di guida ecologica.
Il fleet manager, però, non deve lavorare in solitudine, una volta ottenuto il parere favorevole della direzione aziendale: sarebbe un grave errore tentare d’imporre una green policy senza coinvolgere  e tentare d’influenzare tutti gli attori aziendali interessati: la direzione finanziaria, quella  delle risorse umane, ma anche e soprattutto gli  assegnatari. Il loro sostegno è vitale: i driver, o almeno  una loro rappresentanza, devono accompagnare ogni fase del “progetto green”, non solo ricevendo  informazioni complete e veritiere, ma contribuendo in prima persona a mettere in pratica le indicazioni del top management. Il successo di una green policy è misurato dal suo  grado di accettazione da parte degli assegnatari  che si ottiene attraverso la comunicazione, la condivisone e la partecipazione: per ottenerle, il
fleet manager dovrebbe predisporre un vero e proprio “piano di marketing” verso i driver, concepito  e comunicato con la collaborazione decisiva  degli esperti di comunicazione aziendale.
Per quanto riguarda i saving, occorre dire che per ottenere una riduzione significativa del TCO (total  costo of ownership) nel medio termine, a volte  occorre fare alcuni investimenti iniziali: è sbagliato  cercare di ottenererisparmi fin dall’inizio, al  contrario in questa fase sarebbe forse più opportuno  predisporre un budget adeguato per sostenere le iniziative del fleet manager, una volta approvate dalla direzione aziendale.

Aree di analisi e di scelta
L’introduzione di una car policy verde non riguarda solo la scelta dei modelli, ma anche i comportamenti  dei driver, in particolare la scelta delle soglie di emissione in fase di ordine e l’ottimizzazione  dei percorsi. Sul primo aspetto, va detto che il sistema di punizioni e premi in termini economici a carico (o a favore) degli utilizzatori che scelgono modelli a di sopra (o al di sotto) delle soglie di emissioni di CO2 previste dalla policy è sconsigliato, perché diseducativo e lontano dallo spirito di una policy verde veramente efficace e sentita. Pagare per inquinare è un concetto sbagliato, anche se l’Unione Europea l’ha adottato, ma solo per non mettere in eccessiva difficoltà i  costruttori che producono principalmente modelli  di alta gamma e che ci metteranno più tempo per  adeguarsi alle soglie di emissioni vincolanti negli  anni futuri. L’ottimizzazione dei percorsi, invece,  può essere favorita soprattutto da fattori organizzativi
interni, che consentano al personale viaggiante di pianificare meglio i percorsi, anche  grazie all’aiuto di adeguati strumenti tecnologici (come i sistemi satellitari montati a bordo della  vettura che consentono il monitoraggio a distanza e la comunicazione bidirezionale tra il driver e la centrale di controllo) e di modelli organizzativi più flessibili (home working, ovvero lavoro “da remoto”).
Per quanto riguarda, invece, i modelli di auto, il fleet manager sarà impegnato in prima persona  nella loro scelta, entrando in contatto diretto anche con i costruttori, non solo con i noleggiatori.  È consigliabile prevedere un piano di sperimentazione delle alimentazioni “alternative”, in particolare  per le ibride, che preveda la loro adozione a seguito della verifica del loro impatto reale sulla  riduzione delle emissioni.

 

 

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