Flotte a metano: ecco perché

Se il 2009 è stato l’anno del grande balzo in avanti per la diffusione dell’auto a metano  in Italia, quello che si sta chiudendo si appresta  a passare in archivio come l’anno del consolidamento  delle posizioni acquisite. Non si tratta certamente di una frenata, come evidenzia la dinamica della penetrazione dell’alimentazione a  metano nel parco auto circolante della Penisola: un dato in continuo aumento, che nel corso del 2010 ha superato abbondantemente la soglia delle 600.000 vetture e si avvicina ormai a una quota del 2% sul totale, facendo dell’Italia il sesto mercato al mondo per questo gen ere d i vetture. Ma all’entusiasmo per la fiammata dello scorso anno, complici fattori di natura politica e fiscale, sembra aver risposto negli ultimi dodici mesi una fase di crescita meno pronunciata. Restano poi da valutare aspetti di ordine pratico, a cominciare dalla ben nota questione della distribuzione , che offre un quadro di chiaro miglioramento, ma ancora lontano lontano dal contesto ottimale per lo sviluppo di questo mercato.
Nella prospettiva dell’azienda, e del fleet manager in particolare, la questione fondamentale consiste infine nel valutare se e in quale misura i valori dei principali parametri decisionali si siano mossi a favore della conversione progressiva della flotta aziendale all’alimentazione a metano. Una valutazione che abbraccerà soprattutto considerazioni di economicità e praticità, ovvero le aree in cui l’evoluzione del mercato dell’auto ecologica può evidenziare mutamenti più pronunciati nel breve periodo, senza trascurare però fattori più generali relativi all’immagineaziendale e alla social responsibility.

Il quadro della distribuzione
La distribuzione, tanto vale dirlo subito, resta il vero tallone d’Achille dell’auto a metano. MissionFleet ha già scritto in passato su quali ostacoli pratici e burocratici rendano difficile un rapido sviluppo della rete distributiva, a cominciare dal fatto che per aprire un impianto di erogazione di metano sia necessario il collegamento a una pipeline, ovvero a una rete di gasdotti, a differenza di quanto avviene per benzina e diesel. Vale la pena sottolineare che la situazione è in graduale miglioramento. Secondo i dati di Federmetano (www.federmetano.it), in Italia le stazioni di rifornimento di metano sono arrivate a fine ottobre a quota 797, un aumento di circa 60 unità dalla rilevazione dello scorso maggio. Se a ciò aggiungiamo la cinquantina di impianti in fase di costruzione, il totale dovrebbe portarsi ben oltre le  800 unità entro la fine dell’anno, quasi il doppio rispetto al 2003 ma ancora ben lontane dagli oltre 2400 punti di erogazione del gpl. Solo Lombardia, Emilia Romagna e Veneto contano oltre 100 stazioni di rifornimento, mentre regioni popolose come Lazio, Piemonte e Puglia possono contare solo su una quarantina di impianti ciascuna.
La carenza è cronica al sud, ma anche in certe zone del nord, come il Friuli Venezia Giulia dove operano appena tre impianti. Resta poco agevole muoversi sulla rete autostradale,  dove in tutta Italia si contano solo 24 distributori. Grazie a quelli aperti sulla A1 in direzione sud nei pressi di Parma e Arezzo, non è più necessario lasciare l’autostrada per rifornirsi se si viaggia da Milano a Roma. Ma per chi procede in direzione nord la prima stazione di rifornimento è nel parmense, a 470 chilometri dalla capitale. Sulla  A14 poi non si trovano punti di erogazione tra la provincia di Forlì e Taranto, distanti oltre 680  chilometri. Dei 45 impianti attualmente in costruzione, un terzo sono in Lombardia, nessuno in Calabria,  solo uno ciascuno in Sicilia, Puglia e Basilicata. In Sardegna, infine, la rete distributiva del metano continua a essere completamente assente. Lo sviluppo prevedibile è quello di un proseguimento  della tendenza attuale, ovvero dell’accentuarsi  della divaricazione fra le regioni virtuose e quelle penalizzate.

Giù il consumo, su le prestazioni
Tra le evoluzioni più positive si osserva un assottigliamento del gap di prestazioni fra le auto a metano  e le “sorelle” alimentate con carburanti tradizionali. In molti casi, la differenza è stata eliminata  del tutto. Si tratta di un frutto delle dinamiche tecnologiche che promette di influire in maniera determinante sulle aspettative del driver, per il quale il passaggio a un’auto ecologica in passato ha spesso significato, tra le altre cose, una  penalizzazione in termini di prestazioni. L’eliminazione di questo problema (reale o percepito) va dunque a vantaggio della sua soddisfazione, sia attraverso la dimensione pratica del comfort di  guida, sia attraverso quella psicologica della potenza della vettura come elemento di prestigio.
Al fleet manager alle prese con un budget in cronica diminuzione, stante il perdurare di condizioni dell’economia ancora piuttosto incerte, interessano naturalmente le dinamiche dei consumi, uno  dei fattori da cui può maggiormente dipendere l’orientamento verso il metano. Da questo punto  di vista la scelta ecologica, già premiante in passato, continua a risultare conveniente. Sebbene  con l’entrata in vigore di normative europee sempre più severe sulle emissioni delle auto a benzina  e diesel il gap di consumi possa con il tempo ridursi, l’esperienza raccolta lo scorso giugno da un  convegno organizzato a Roma da Eni e dalla rivista
specializzata Metauto evidenzia risparmi anche superiori alle attese, che arrivano fino al 30%.
Oltre alla misurazione dei consumi tout court, a favore dell’auto a metano pende poi naturalmente  una maggior flessibilità nelle possibilità di movimento in centri urbani e altre aree limitate al  traffico, la possibilità di evitare i costi dei ticket e i blocchi della circolazione: fattori non solo di immediata  rilevanza pratica, ma anch’essi in grado di incidere positivamente sui costi operativi.

La situazione dal lato dell’offerta
Resta aperta la questione dei costi di noleggio. Si conferma, infatti, la tendenza da parte dei Nlt  (noleggiatori di lungo termine) ad applicare tariffe  superiori alle auto a metano rispetto ai modelli equivalenti con alimentazione diesel, con differenze che in alcuni casi si rivelano piuttosto sensibili.  Anche qui però qualcosa è cambiato, data la crescente consapevolezza dei fornitori che sul fronte  del metano, come di altre forme di alimentazione ecologica, si possono aprire importanti opportunità  di mercato. Questa presa di coscienza non solo  vede i Nlt cominciare a proporre costi parificati tra modelli a metano e modelli diesel, ma è anche  all’origine di un altro elemento altrettanto importante importante, ovvero la disponibilità dei costruttori a investire in un costante ampliamento della propria gamma a favore delle auto a metano.
Il gruppo Fiat conferma la propria posizione di leadership nel mercato dell’auto a metano a livello europeo ed è tra i più attivi nell’aumentare le possibilità di scelta. Complessivamente, considerando  le differenze negli allestimenti, oggi il mercato italiano può contare su circa 150 modelli, ma il numero è destinato a salire di mese in mese. Per le aziende, come per i driver, sarà senz’altro gradito osservare che per quanto i segmenti bassi del mercato (citycar, utilitarie compatte) restino l’arena per eccellenza dell’auto a metano, l’offerta di questo tipo di alimentazione sta ormai assumendo dimensioni di interesse anche fra le auto di fascia superiore. Persino i top manager più fedeli al culto del suv potranno combinare la propria debolezza
per le dimensioni con il rispetto per l’ambiente e un regime di consumi meno aggressivo.  Gioca poi a vantaggio del metano anche il progetto di una rete di punti di assistenza qualificati, il cui primo passo è stato compiuto dalle case automobilistiche e dai rappresentanti del metano per autotrazione con la firma di un accordo. L’idea è di garantire sicurezza e qualità nell’assistenza dei veicoli a metano attraverso l’introduzione  di una certificazione del responsabile di officina come esperto tecnico di metano.
Sulla possibilità di questo mercato di continuare a crescere, con benefici in termini di costi e scelta anche per gli utilizzatori corporate, non può sfuggire una considerazione elementare. Se negli ultimi cinque anni il parco auto a metano è sostanzialmente raddoppiato in Italia, con un picco del +80% delle vendite nel 2009, è soprattutto merito degli incentivi pubblici, frutto di un mix di politiche  ambientali e di sostegno agli acquisti in uno dei settori più ciclici dell’economia. Gli incentivi a livello nazionale sono terminati lo scorso  anno e l’impatto si è avvertito in maniera pesante nei primi tre trimestri del 2010, sebbene restino  aperti canali per l’erogazione di incentivi a livello regionale, rivolti in genere all’acquirente privato.

Una prospettiva più ampia
Anche in un quadro economico dove la “bottom line” detta necessariamente legge, ci sono fattori  decisionali che vanno oltre il calcolo prettamente economico, sebbene in ultima analisi da un beneficio  atteso di tipo economico traggano la propria ragion d’essere. Sempre più aziende adottano un profilo di soggetto responsabile, attento all’impatto della propria attività sull’equilibrio ambientale.  In questo senso, è evidente come il passare del tempo non possa che giocare a favore del metano,  stante la possibilità di contare su condizioni di offerta e distribuzione ragionevoli.  Il metano è ormai ampiamente considerato il  combustibile più pulito tra quelli diffusi. Non contenendo tra l’altro benzene, piombo o composti  di zolfo, permette una riduzione fino all’80% di quei composti che irritano gli occhi e le respiratorie. Le emissioni di biossido di carbonio si riducono di circa il 20% rispetto a diesel e benzina,  quelle di monossido di carbonio calano tra il 50%  e il 70% e quelle di ossidi di azoto in misura ancora  superiore. Una car policy più eco-friendly è
ormai sempre più prossima a una legge non scritta per aziende la cui immagine pubblica sia da considerarsi un asset
. E in alcuni Paesi tali orientamenti potrebbero essere dettati dall’alto. Il Senato  degli Stati Uniti sta considerando in questo periodo l’adozione di una legge secondo cui entro  il 2014 almeno il 50% delle auto acquistate per flotte aziendali pubbliche e private dovranno essere  alimentate a metano. Uno scenario che non si può escludere che possa verificarsi anche nel  Vecchio Continente e per il quale è meglio farsi  trovare preparati.

 

 

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