Se a viaggiare è il collaboratore

Come deve regolarsi un’azienda nel caso di spese di viaggio sostenute da collaboratori autonomi – nella duplice figura dei cosiddetti co.co.co e dei professionisti con partita Iva – nell’ambito dello svolgimento di un incarico professionale? Si tratta di spese deducibili oppure no? E, ancora, come devono essere documentate?

Partiamo dai collaboratori “co.co.co.” Le modifiche al trattamento dei redditi derivanti da rapporti di collaborazione coordinata e continuativa apportate dall’art. 34 della legge n. 342/2000 con effetto dal 1° gennaio 2001 hanno attratto tali redditi – prima inquadrati tra quelli di lavoro autonomo ex art. 49 comma 2 del Tuir (Dpr n. 917/86) – nella sfera dei redditi di lavoro subordinato – assimilati -, ex art. 47 del Tuir. Per quanto riguarda le spese di viaggio e i rimborsi spese dei co.co.co., quindi, fa riferimento la normativa di cui al 5° comma dell’art. 48 del Tuir, già in vigore per il personale dipendente, che indirettamente stabilisce l’intassabilità delle spese di viaggio analiticamente e correttamente documentate. Nella citata norma viene, infatti, stabilito che:

  • le indennità percepite per trasferte o missioni fuori dal territorio comunale sede di lavoro o, nei casi in cui tale sede non sia facilmente e/o univocamente individuabile (es. per gli amministratori di società), di residenza del collaboratore, sono intassabili, in capo al percipiente, fino a concorrenza dell’importo giornaliero di euro 46,48 aumentato a euro 77,47 per le trasferte all’estero, al netto delle spese di viaggio e di trasporto;
  • le indennità o i rimborsi spese per trasferte nell’ambito del territorio comunale, definito come al punto a), concorrono a formare il reddito del collaboratore, fatta eccezione per i rimborsi di spese di trasporto (viaggio) comprovate da documenti provenienti direttamente dal vettore (biglietto tram, metro, ricevuta taxi ecc.).

Quindi, in ogni caso e indipendentemente dal luogo dove il viaggio si svolge, la relativa spesa, individuata e documentata a parte o a piè di lista, può essere rimborsata senza alcun limite e costituisce importo intassabile per i percipiente e costo interamente deducibile per l’impresa.

Rimborso spese viaggio a professionisti

Diverso è invece il caso dei collaboratori, titolari di partita Iva. Se l’impresa riconosce a un professionista dei rimborsi spese (ad esempio per spese di viaggio, vitto e alloggio ecc.) nei casi in cui il professionista debba svolgere fuori sede il proprio incarico, tali rimborsi costituiscono proventi imponibili, sia ai fini delle imposte sui redditi che ai fini Iva.

Si tratta, infatti, di spese inerenti l’esercizio della professione, che in sede di determinazione del reddito sono deducibili fiscalmente secondo le modalità previste dall’ex art. 50 del Tuir – Dpr n. 917/86. Quanto sopra aderisce al costante orientamento dell’Amministrazione Finanziaria, ora Agenzia delle Entrate, che fin dal 1973 (Circ.15/12/73 n. 1/Rt) ha stabilito che la base imponibile su cui calcolare la ritenuta d’acconto Irpef (ex art. 25 Dpr 600/73) è costituita dall’ammontare dei compensi percepiti dal professionista al lordo delle spese sostenute per conseguire quei compensi, fatta eccezione per quelle somme ricevute dal professionista a titolo di rimborso di spese anticipate per conto del cliente. La differenza tra le due fattispecie è formale e sostanziale. Nel primo caso si tratta di spese (di viaggio o trasferta in generale) che sono funzionali alla produzione del reddito del professionista; sono sostenute in nome proprio (i documenti sono intestati al professionista), sono inerenti l’attività professionale e quindi deducibili nella determinazione del reddito di lavoro autonomo; nel secondo caso si tratta di spese sostenute in nome e per conto del cliente (pagamento di tasse, diritti di cancelleria, diritti di visura ecc.) la cui documentazione è intestata al cliente e nulla hanno a che vedere con l’esercizio dell’attività professionale e pertanto non entrano nella determinazione del reddito di lavoro autonomo.

Per il settore Iva, si è verificato un iniziale sbandamento dell’Amministrazione Finanziaria (Circ. 27/04/73 n. 32), per cui era stato affermato che i rimborsi a piè di lista per spese di viaggio, vitto ecc. che i professionisti anticipano in nome e per conto di imprese dalle quali hanno ricevuto incarichi da svolgere fuori dalla normale sede di lavoro, non sono soggetti all’imposta nei rapporti con i committenti e quindi, non concorrono a formare il volume d’affari del percipiente, sempreché le relative fatture siano intestate oltre che al professionista anche all’impresa per conto della quale la spesa è stata sostenuta. Il riallineamento con il settore delle imposte sui redditi è avvenuto con la Risoluzione Ministeriale del 18/06/1980, con la quale è stato affermato definitivamente l’assoggettamento a Iva dei rimborsi riconosciuti ai professionisti per spese di viaggio relative a incarichi fuori sede, indipendentemente dalle modalità di determinazione (a piè di lista o forfettariamente).

Può succedere che l’impresa sostenga direttamente o anticipi le spese di viaggio del professionista e tale situazione induca a non riaddebitare gli importi in questione al professionista stesso. Tale impostazione non è assolutamente corretta e può, in caso di controllo fiscale, essere foriera di spiacevoli conseguenze per l’impresa e per il professionista. Per l’impresa i reati contestabili sono: omessa fatturazione di operazioni imponibili, omessa ritenuta d’acconto, omesso versamento della ritenuta d’acconto, indeducibilità fiscale di spese viaggio non inerenti l’attività. Per il professionista: omessa fatturazione di operazioni imponibili, indeducibilità fiscale delle spese di viaggio per mancanza di documentazione e per omessa contabilizzazione del costo sostenuto.

Infine per quanto riguarda l’aspetto documentale delle spese di viaggio, è importante sottolineare che i giustificativi devono essere intestati al professionista, che deve registrarli e conservarli in originale alla stregua di qualsiasi documento contabile.

Nel caso in cui l’impresa committente, per liquidare il rimborso al professionista, richieda l’acquisizione dei giustificativi di spesa, gli stessi vanno forniti in copia, diversamente dalle anticipazioni in nome e per conto per le quali la documentazione in originale deve essere in possesso del soggetto (l’impresa) per il quale la spesa è stata sostenuta.

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