Kalanick lascia

Uber, il cofondatore Travis Kalanick lascia

Se ne parlava da tempo, il cofondatore di Uber, Travis Kalanick, colui che negli anni è stato sempre sotto i riflettori nelle varie vicende della società, spesso anche per delle sue ardite posizioni, lascia, il timone della sua creatura. Kalanick  si è infatti infatti dimesso dalla carica di Ceo dell’azienda, a seguito delle crescenti pressioni da parte degli azionisti. La notizia è stata anticipata dal New York Times ma è stata in seguito confermata dal portavoce, anche se rimarrà comunque a far parte del board. “Amo Uber più di qualsiasi cosa al mondo e in questo difficile momento della mia vita personale ho accettato la richiesta degli investitori di mettermi da parte in modo che Uber possa continuerà ad andare avanti a costruire piuttosto essere distratta da un’altra lotto” dice lo stesso Kalanick in una nota riportata dal New York Times.

Uber nel mezzo di una (continua) tempesta. Kalanick lascia

La società californiana è da tempo nell’occhio del ciclone per diversi scandali, tra cui anche diverse accuse di molestie sessuali che avevano portato al licenziamento di ben 20 dirigenti, tra cui anche Emil Michael, numero due del gruppo e uomo fidato di Kalanick, coinvolto pesantemente nello scandalo sulle molestie, così come (ma quando era in Google) il responsabile dell’ingegneria Amit Singhal. Ma Kalanick certamente non lascerà facilmente la sua creatura in grande difficoltà e in rosso, ma che, secondo gli analisti, vale comunque 70 miliardi di dollari. Nel 2016 infatti Uber avrebbe perso 2,8 miliardi di dollari, malgrado ricavi record da 6,5 miliardi di dollari, più di quanto facciano compagnie più grandi come Twitter, Snapchat o Airbnb. Insomma anche secondo quanto detto da Kalanick stesso, ora si apsetta un Uber 2.0, naturalmente guidato da un …Kalanick 2.0. Una “nuova” Uber che probabilmente potrà calmare le acque solo andando in Borsa. E limitando le continue prese di posizioni del cofondatore. Che, si legge in alcuni report degli analisti, non dovrebbe avere in portafoglio comunque più del 10% della società.

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