Il settore automotive vive una fase schizofrenica. Da una parte, l’industria tradizionale arranca, schiacciata da una crisi strutturale che ha colpito vendite, margini e occupazione. Dall’altra, le big tech globali spingono sull’acceleratore dell’innovazione, puntando su una mobilità a guida autonoma che, almeno sulla carta, promette di rivoluzionare tutto. Nel mezzo, un’Europa affaticata e già tagliata fuori dalla partita più importante: quella dei robotaxi.
La sfida è ormai ufficialmente aperta. Ma chi sperava in un’arena globale dovrà ricredersi: il confronto è a due, tra Cina e Stati Uniti. L’Europa, zavorrata da regolamenti, infrastrutture carenti e ritardi tecnologici, è di fatto spettatrice.
Waymo e Zoox: il duello americano
Negli Usa è Waymo a guidare la corsa. La società controllata da Alphabet (la holding di Google) è oggi la punta di diamante della mobilità autonoma. Forte di una valutazione stimata in 45 miliardi di dollari, nonostante perdite mensili nell’ordine dei 250 milioni, Waymo ha già completato oltre 10 milioni di corse autonome. E punta in alto: la flotta raddoppierà entro il 2026, passando da 1.500 a 3.500 veicoli, con le Jaguar I-PACE e, presto, le Hyundai Ioniq 5.
Ma c’è anche Zoox, la scommessa di Amazon. Lontana dall’approccio “incrementale” di Waymo e Tesla, ha scelto di progettare un robotaxi da zero: senza volante né pedali, pensato solo per la guida autonoma. Il suo primo impianto produttivo, appena inaugurato a Hayward (California), potrà sfornare 10.000 veicoli l’anno. Le prime città? San Francisco e Las Vegas, entro fine 2025.
Tesla e il modello peer-to-peer
Poi c’è Tesla, con la sua idea sempre borderline tra innovazione e provocazione. Il 22 giugno ha avviato ad Austin i test di una flotta di Model Y robotaxi, basate sulla tecnologia Full Self-Driving (FSD). Ma l’elemento più dirompente è il modello di business: peer-to-peer. I proprietari potranno “mettere a reddito” la propria auto, affittandola in rete quando non la usano. Una proposta che punta sulla leva economica: una Model Y costa 40.000 dollari, contro i circa 180.000 di un robotaxi Waymo. Una differenza abissale, che potrebbe fare la differenza se — e solo se — l’autonomia sarà davvero affidabile.
Cina: l’unica a dettare il ritmo
Se negli Stati Uniti si corre, in Cina si vola. Complice un ecosistema ultra-centralizzato, infrastrutture ad hoc e colossi come Baidu e AutoX, la guida autonoma è realtà in diverse città. Alcune aree urbane hanno già strade interamente dedicate ai robotaxi. L’obiettivo di Pechino? Creare un mercato domestico che faccia da apripista globale, con milioni di veicoli autonomi in circolazione nei prossimi dieci anni.
E l’Europa? Bloccata al semaforo rosso
In tutto questo, l’Europa brilla per assenza. I progetti esistono, ma restano sulla carta. Mancano test su larga scala, investimenti significativi, e soprattutto una cornice normativa chiara. Il gap con i due giganti globali si allarga. E intanto l’industria tradizionale — fatta di piccoli costruttori, filiere complesse e rigidità produttive — fatica persino ad affrontare la transizione all’elettrico.
La sensazione è che, mentre Tesla, Waymo e Zoox ridisegnano il futuro dell’auto, l’Europa resti impantanata nel presente, divisa tra la nostalgia per la “vecchia” mobilità e un’utopia tecnologica ancora troppo distante per essere credibile.
In un mondo che corre verso l’autonomia totale, il rischio è che il Vecchio Continente perda non solo la corsa ai robotaxi, ma anche la sua centralità industriale nel mondo dell’auto.