Sempre più aziende adottano la formula del veicolo condiviso: un’auto a disposizione di più colleghi, da prenotare quando serve, da restituire quando si finisce. Una soluzione smart, agile, sostenibile. Ma dietro questa apparente semplicità si nasconde una complessità che non si può ignorare: chi guida cosa, quando e con quali responsabilità?
In un sistema senza regole chiare, una semplice multa può trasformarsi in una caccia all’uomo. E un’ammaccatura non segnalata può aprire il fianco a dispute interne, penali accessorie o richieste di risarcimento che colpiscono l’azienda… e non sempre il responsabile.
Il nodo delle auto aziendali condivise: i documenti
Ogni auto aziendale dovrebbe viaggiare con un kit documentale completo. Ma quando il volante passa di mano in mano, diventa essenziale che quei documenti siano non solo presenti, ma accessibili, aggiornati e verificabili.
Tra i fondamentali:
- Carta di circolazione
- Assicurazione valida
- Delega alla guida (obbligatoria se il veicolo è intestato a un’azienda o a una società di noleggio)
Quest’ultima è spesso sottovalutata, ma in caso di controllo può fare la differenza tra un semplice richiamo e il fermo amministrativo del veicolo. La versione ideale? Un file digitale sempre disponibile, magari raggiungibile tramite un QR code fisso nel cruscotto o in app dedicate.
Auto aziendali: il passaggio non si improvvisa
Il secondo punto critico è la presa in carico. Un sistema strutturato – anche semplice – per verificare lo stato dell’auto al momento del ritiro evita molti grattacapi. Bastano pochi minuti per fare un check: condizioni della carrozzeria, livello del carburante, segnalazione di anomalie.
Un modulo cartaceo? Può andare. Ma una piattaforma digitale che registra chi prende l’auto, quando, e in che stato, è di gran lunga più efficiente. Le informazioni finiscono in cloud, sono consultabili in tempo reale da HR o mobility manager, e possono dimostrare chi era alla guida in caso di contestazioni.
Quando il digitale è più sicuro del portachiavi
Oggi esistono soluzioni – anche gratuite – che permettono di gestire queste operazioni con pochi clic. Alcune sono già integrate nei software di fleet management, altre sono app pensate proprio per chi gestisce flotte leggere. Consentono:
- Invio alert automatici al conducente
- Checklist pre e post utilizzo
- Archiviazione digitale di foto e note
- Tracciabilità continua e accesso ai log
Questo significa meno errori, meno rischi, più trasparenza. Ma significa anche lanciare un messaggio importante ai dipendenti: “L’azienda si fida di te, ma vuole proteggere tutti”.
Una cultura della condivisione (che non sia lassismo)
C’è però un altro elemento spesso trascurato: la cultura della responsabilità condivisa. L’auto aziendale, quando è “di tutti”, rischia di non essere “di nessuno”. Senza un messaggio chiaro da parte delle risorse umane e del mobility manager, può essere percepita come qualcosa che si può usare con leggerezza, o addirittura trascurare.
Serve poco per cambiare rotta:
- Una comunicazione interna coerente
- Mini-sessioni di formazione (anche da 15 minuti)
- Policy semplici ma applicabili
- Feedback e report periodici
Far capire che segnalare un danno non è fare la spia, ma un atto di correttezza verso il collega che salirà dopo.
Auto aziendali condivise sì, ma con regole
In sintesi, l’auto aziendale condivisa può essere una soluzione efficiente e sostenibile. Ma solo se alla base c’è un sistema chiaro di responsabilità, supportato da strumenti digitali e da una cultura organizzativa che valorizzi la cura del bene comune.
Perché mobilità aziendale non è solo spostare persone. È anche prendersi cura dei mezzi, di chi li usa e del tempo (e denaro) che si può perdere… quando qualcosa non è stato registrato.