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Autovelox non censiti dal MIT: migliaia di dispositivi a rischio stop

Il MIT pubblica l’elenco degli autovelox autorizzati: dispositivi non registrati da spegnere subito, mentre resta aperto il nodo delle omologazioni.

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Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha pubblicato in questi giorni la lista ufficiale degli autovelox autorizzati sul territorio italiano. L’elenco, disponibile dal 28 novembre sul sito del MIT al seguente link, arriva dopo l’attivazione – avvenuta lo scorso 30 settembre – della piattaforma telematica dedicata alla registrazione dei dispositivi per l’accertamento delle violazioni dei limiti di velocità.

Entro questi due mesi, amministrazioni comunali, enti locali e forze dell’ordine avrebbero dovuto inserire nella piattaforma tutti gli apparecchi presenti sul proprio territorio, indicando marca, modello, tipologia, eventuale versione e numero di matricola. Un vero e proprio censimento, necessario per rendere legittimo l’utilizzo dei dispositivi.

Di conseguenza, tutti gli autovelox rimasti fuori dalla lista non possono essere utilizzati per rilevare le infrazioni. Le multe generate da questi apparecchi saranno infatti impugnabili, poiché basate su verbali illegittimi.

Quanti sono realmente gli autovelox in Italia?

In contemporanea al censimento, ASAPS, ovvero l’Associazione Sostenitori ed Amici della Polizia Stradale, ha raccolto una serie di dati che aiutano a capire più nello specifico il numero di autovelox presenti sul territorio nazionale.

Ufficialmente, sono presenti in Italia ci sono 3.625 apparati di controllo della velocità, di tipo fisso, mobile  e in movimento. Di questi tre, quelli che appartengono al primo tipo sono tutti autorizzati dai Prefetti delle singole province. Questi numeri, sottolinea ASAPS, “smentiscono i dati forniti negli ultimi mesi, e poi ripresi da molti organi di stampa che parlavano prima di 11.000 e poi di 13.000 autovelox, facendo credere che l’Italia fosse al primo posto al mondo per i controlli di velocità”.

Tra i 3.625 dispositivi di controllo della velocità, 3.038 vengono gestiti da Polizie Locali, Provinciali e Città Metropolitane, mentre quelli sotto il controllo della Polizia Stradale sono 586, compresi  i “tutor” in ambito autostradale.

I dispositivi non censiti? Devono essere spenti immediatamente

Come stabilito dal MIT, gli autovelox non presenti nella lista ufficiale non sono autorizzati a rilevare le infrazioni e devono essere disattivati immediatamente. Le multe generate da tali dispositivi saranno automaticamente contestabili.

Una notizia che rischia di far storcere il naso a molti Comuni che non hanno provveduto entro i termini a registrare i propri apparecchi, privandosi così di un’entrata tutt’altro che trascurabile.

Secondo il Codacons, quello degli apparecchi di rilevazione automatica della velocità, rappresenta infatti “un tesoretto che solo nelle principali 20 città italiane, ha portato complessivamente nelle casse delle amministrazioni locali ben 203 milioni di euro a titolo di multe elevate agli automobilisti nel triennio 2022-2024“. Chi non ha aggiornato il censimento rischia dunque di vedere sfumare una fonte di introiti significativa.

Resta il nodo delle omologazioni

Al di là del censimento, resta però aperto un nodo estremamente delicato: quello dell’omologazione degli autovelox. La Cassazione, con una sentenza dell’aprile 2024, ha stabilito che, per essere valida una multa, il dispositivo deve essere omologato e non semplicemente approvato, come avvenuto finora per la gran parte delle apparecchiature.

Il problema è che il ministero non ha ancora definito una procedura formale di omologazione e, in attesa di chiarimenti, ha sostenuto attraverso una circolare che la distinzione tra i due termini sia “puramente formale”, invitando i prefetti a rigettare i ricorsi e a impugnare le sentenze basate sulla mancanza di omologazione.

Una posizione che cozza con il verdetto della Suprema Corte — che ha invece valore di diritto — e che sta alimentando un clima di incertezza. Secondo le stime più recenti, quasi il 60% degli autovelox fissi e oltre il 67% di quelli mobili non risulta omologato, e molti dei dispositivi attualmente in funzione non hanno ottenuto un’approvazione prima del 2017, anno spartiacque nella normativa.

Il risultato è un fronte legale sempre più ampio, con il rischio concreto di una valanga di contestazioni, mentre sullo sfondo resta la discussione (ovviamente, mai risolta) su come conciliare sicurezza stradale, trasparenza e corretta gestione dei controlli.

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