La Commissione Europea imprime una nuova accelerazione al percorso di decarbonizzazione dei trasporti e sceglie di partire da uno dei segmenti più strategici: le flotte aziendali. Con la pubblicazione di un nuovo regolamento, Bruxelles introduce per la prima volta obiettivi nazionali vincolanti per ciascuno Stato membro, fissando quote precise di veicoli a zero e basse emissioni nelle nuove immatricolazioni corporate.
Una svolta che segna un cambio di paradigma nella politica europea sulla mobilità: non più solo indirizzi generali o incentivi, ma target obbligatori che avranno un impatto diretto sulle scelte di imprese, fleet manager e operatori del settore automotive.
I numeri per l’Italia: obiettivi chiari e progressivi
Per l’Italia, il regolamento stabilisce traguardi ambiziosi ma calibrati sullo stato attuale del mercato. Entro il 2030, almeno il 45% delle nuove auto aziendali dovrà essere completamente elettrico, mentre la quota complessiva di veicoli a zero o basse emissioni dovrà raggiungere il 69%, includendo tutti i modelli con emissioni inferiori a 50 g di CO₂ per chilometro.
L’asticella salirà ulteriormente nel 2035, quando i requisiti diventeranno decisamente più stringenti: 80% di veicoli a zero emissioni e 95% di veicoli a zero o basse emissioni nelle nuove immatricolazioni aziendali. Target che collocano l’Italia in una posizione intermedia rispetto agli altri grandi mercati europei, riflettendo sia il livello di maturità del mercato elettrico sia il grado di sviluppo delle infrastrutture di ricarica.
Perché l’Europa punta sulle flotte
La scelta di intervenire proprio sulle flotte aziendali non è casuale. I veicoli utilizzati per lavoro percorrono mediamente molti più chilometri rispetto alle auto private e contribuiscono in modo significativo alle emissioni complessive del settore trasporti. Agire su questo segmento consente quindi di ottenere risultati più rapidi e misurabili in termini di riduzione delle emissioni.
Secondo l’impostazione del legislatore europeo, le flotte possono diventare il volano dell’elettrificazione, accelerando la diffusione dei veicoli a zero emissioni anche nel mercato dell’usato e generando effetti positivi lungo tutta la filiera automotive, dalla produzione ai servizi di mobilità.
Impatti concreti sul fleet management
La nuova normativa incide in modo diretto sull’organizzazione delle flotte aziendali. Le imprese saranno chiamate a rivedere le strategie di acquisto, ad accorciare o ripensare i cicli di rinnovo dei veicoli e a pianificare investimenti rilevanti non solo sui mezzi, ma anche sulle infrastrutture di ricarica, sia in sede sia presso le abitazioni dei driver.
La transizione, dunque, non sarà soltanto tecnologica. Richiederà un’evoluzione organizzativa, finanziaria e culturale, con un ruolo sempre più centrale per il fleet manager, chiamato a bilanciare sostenibilità, costi operativi, fiscalità e accettazione da parte degli utenti.
L’Europa delle flotte: come cambia
Gli obiettivi nazionali fissati dalla Commissione tengono conto delle differenze tra i Paesi membri, ma il messaggio è chiaro: la trasformazione delle flotte aziendali non è più una prospettiva di lungo periodo, bensì un processo strutturale già in atto.
Per le imprese italiane, il prossimo decennio sarà decisivo. Chi saprà anticipare il cambiamento, investendo per tempo in elettrificazione e modelli di mobilità più efficienti, potrà trasformare un obbligo normativo in un’opportunità competitiva. Per tutti gli altri, il rischio è di arrivare impreparati a una svolta che ridisegnerà profondamente il modo di concepire e gestire la mobilità aziendale.













