Il 2026 segna un cambio di passo per la tassazione automobilistica in Italia, ma non per tutti. La nuova disciplina sul bollo auto introduce infatti esenzioni complete per alcune categorie di contribuenti, mentre lascia invariata una delle imposte più contestate degli ultimi anni: il superbollo sulle auto più potenti. Il risultato è una riforma a due velocità, che premia redditi bassi e mobilità green, ma continua a colpire chi guida vetture ad alte prestazioni.
Chi non pagherà più il bollo auto dal 1° gennaio 2026
La novità più rilevante riguarda le famiglie con redditi molto bassi. Dal 1° gennaio scatterà l’esenzione totale dal bollo per i contribuenti con reddito annuo inferiore a 8.000 euro. Una misura pensata per alleggerire il carico fiscale su chi si trova in una fascia economica particolarmente fragile, per cui anche una tassa regionale come il bollo può incidere in modo significativo sul bilancio familiare.
Accanto al criterio reddituale, la riforma rafforza gli incentivi alla mobilità sostenibile. I veicoli elettrici e ibridi immatricolati a partire dal 2022 beneficeranno infatti di un’esenzione completa dal bollo per cinque anni dalla data di prima immatricolazione. Una scelta coerente con gli obiettivi di riduzione delle emissioni e con la strategia di spinta verso l’elettrificazione del parco auto.
Come ottenere l’esenzione del bollo
L’esonero non è automatico per tutti. Chi rientra nei requisiti dovrà presentare apposita domanda agli enti competenti – generalmente la Regione di residenza o l’Agenzia delle Entrate – allegando la documentazione necessaria a dimostrare il diritto all’agevolazione. Le scadenze del bollo restano invariate, ma in caso di esenzione riconosciuta non sarà richiesto alcun pagamento.
Restano valide anche le agevolazioni già previste per categorie specifiche, come persone con disabilità, veicoli storici, mezzi utilizzati per finalità sociali o intestati a enti senza scopo di lucro, secondo le normative regionali.
Il superbollo non viene toccato
Se sul fronte del bollo ordinario arrivano segnali di apertura, nessuna novità invece per il superbollo, che continuerà ad applicarsi anche nel 2026. L’addizionale erariale resta in vigore per i veicoli con potenza superiore a 185 kW e con meno di vent’anni di età.
La tassa prevede un costo di 20 euro per ogni kW eccedente la soglia, con riduzioni progressive al passare degli anni: dopo cinque anni si paga il 60%, dopo dieci il 30%, dopo quindici il 15%. Un meccanismo che attenua l’impatto nel tempo, ma che continua a pesare in modo rilevante su supercar e SUV ad alte prestazioni.
Le promesse di abolizione del superbollo cozzano con i conti pubblici
Negli ultimi anni l’abolizione del superbollo è stata più volte annunciata come imminente, spesso accompagnata dall’ipotesi di un innalzamento graduale della soglia di potenza. Tuttavia, anche per il 2026, la misura resta sulla carta. Il motivo principale è finanziario: la cancellazione del superbollo comporterebbe una perdita stimata di circa 200 milioni di euro l’anno per le casse dello Stato, un costo che il governo non ha ritenuto sostenibile nell’attuale quadro di finanza pubblica.
Una riforma a metà
Il bilancio finale è quindi contrastato. Da un lato, chi ha redditi bassi e chi ha investito in veicoli elettrici o ibridi potrà beneficiare di un risparmio concreto. Dall’altro, i proprietari di auto potenti continueranno a pagare una delle imposte più discusse del sistema fiscale italiano, senza segnali immediati di superamento.
Una riforma che prova a coniugare equità sociale e transizione ecologica, ma che lascia irrisolto il nodo del superbollo, destinato – almeno per ora – a restare una presenza fissa nel panorama automobilistico italiano.














