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Tassa sui voli di lusso: coalizione per far pagare di più a chi vola in Business e Prima Classe

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Otto Paesi guidati da Francia, Spagna e Kenya hanno lanciato una nuova coalizione globale con un obiettivo ambizioso: tassare i viaggiatori aerei “premium” per finanziare la lotta al cambiamento climatico e sostenere lo sviluppo sostenibile nei Paesi più vulnerabili. Ma la proposta accende già un acceso dibattito internazionale.

Mentre la crisi climatica continua a minacciare ogni angolo del pianeta e i costi delle transizioni ecologiche pesano in modo sproporzionato sui Paesi più poveri, nasce a Siviglia una proposta che punta a riequilibrare la bilancia: una tassa internazionale sui viaggiatori in prima classe, business class e su chi utilizza jet privati. L’idea è stata presentata durante la Conferenza delle Nazioni Unite sul finanziamento dello sviluppo, tenutasi questa settimana in Spagna.

La proposta, sostenuta dalla Global Solidarity Levies Task Force (GSLTF) e appoggiata dalla Commissione europea, ha trovato terreno fertile tra otto Paesi promotori: Francia, Spagna, Kenya, Barbados, Benin, Sierra Leone, Somalia e Antigua e Barbuda.

Chi è favorevole alla tassa sui voli di lusso

Non si tratta di una semplice misura fiscale, ma di un gesto politico. Lo ha detto con chiarezza il presidente francese Emmanuel Macron, che ha partecipato al lancio della coalizione:

“Abbiamo bisogno che coloro che hanno beneficiato della globalizzazione contribuiscano maggiormente ai finanziamenti. Esorto tutti i Paesi possibili ad aderire a questo quadro internazionale, perché è assolutamente fondamentale”.

La coalizione mira a raccogliere fino a 78 miliardi di euro all’anno, secondo uno studio commissionato dalla GSLTF alla società CE Delft. Le risorse verrebbero destinate a finanziare progetti ambientali, sanitari e di sviluppo nei Paesi in via di sviluppo, molti dei quali sono i meno responsabili del cambiamento climatico, ma tra i più colpiti dai suoi effetti.

Il mondo ambientalista ha accolto positivamente l’iniziativa. Greenpeace International ha definito la proposta “un passo importante verso una maggiore giustizia climatica”, sottolineando come volare in prima o business class sia una forma di viaggio altamente inquinante e sottotassata. Secondo i dati, i passeggeri premium occupano più spazio e consumano più risorse, ma non pagano proporzionalmente per l’impatto ambientale generato.

La IATA si oppone alla tassa sui voli di lusso

La reazione dell’industria aerea, però, è stata durissima. La IATA (International Air Transport Association), che rappresenta oltre 300 compagnie aeree nel mondo, ha bollato la proposta come un “pugno allo stomaco” per un settore che, secondo il direttore generale Willie Walsh, “non è una mucca da mungere, ma un catalizzatore economico globale”.

Secondo la IATA, la tassa proposta sarebbe sproporzionata: i 78 miliardi stimati dalla GSLTF equivalgono a più del triplo dei profitti annuali dell’intera industria aerea, previsti in 32,4 miliardi di dollari per il 2024. Inoltre, la IATA ricorda che l’aviazione genera il 3,9% del PIL globale e sostiene oltre 86 milioni di posti di lavoro nel mondo.

Walsh avverte che tassare i viaggiatori premium — essenziali per la sostenibilità economica delle rotte aeree — finirebbe per penalizzare tutti, anche chi vola in economy. Le compagnie, strette tra costi crescenti e margini ridotti (stimati in media al 3,4%), avrebbero meno risorse da investire nella transizione verde verso le emissioni nette zero entro il 2050.

La tassa sui voli di lusso divide

Il dibattito sulla tassa solidale divide non solo governi e imprese, ma anche l’opinione pubblica. Da un lato c’è chi chiede più equità climatica, sostenendo che chi può permettersi voli costosi debba contribuire di più alla soluzione dei problemi globali. Dall’altro lato, le compagnie aeree e alcuni osservatori temono che una simile misura possa minare la connettività internazionale, danneggiare le economie locali legate al turismo e frenare la ripresa post-pandemica.

C’è anche il rischio che le risorse raccolte finiscano nei bilanci statali senza vincoli chiari sull’uso. La IATA ha già espresso preoccupazione per la mancanza di trasparenza, ricordando che in passato altre tasse ambientali sono finite nel calderone della spesa pubblica, senza benefici concreti per l’ambiente.

Chi deve pagare il prezzo del cambiamento

La strada verso l’adozione globale di questa tassa è tutta in salita. Serve un accordo multilaterale, trasparente e ben calibrato, per evitare squilibri tra Paesi e distorsioni del mercato. Ma la coalizione appena nata ha acceso i riflettori su un tema finora poco discusso: il costo ambientale dei viaggi di lusso e il ruolo che questi possono (e devono) giocare nella transizione climatica.

Quello che è certo è che il dibattito è appena cominciato. E mentre i governi cercano il giusto equilibrio tra sostenibilità, crescita e giustizia fiscale, il mondo si interroga: chi dovrebbe davvero pagare il prezzo del cambiamento?

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