Il “polso” del bt

Indagare le caratteristiche e le tendenze evolutive del business travel in Italia, partendo dall’analisi e dal monitoraggio del mercato: questo l’obiettivo della Business Travel Survey – ricerca promossa da Uvet American Express e realizzata da Newsteca – i cui risultati sono stati presentati a Milano allo Starhotels Rosa lo scorso 1° dicembre.

«I motivi che hanno portato alla nascita di quest’iniziativa – ha spiegato Luca Patanè, presidente di Uvet American Express – affondano nella cultura della nostra azienda, da sempre consapevole della necessità di contribuire all’evoluzione del mercato. Un mercato che “soffre”, a nostro avviso, della difficoltà di reperire dati numerici che consentano un’obiettiva valutazione del suo andamento e dello stato dell’arte. Ma l’idea della Business Travel Survey trae spunto anche dall’esperienza di American Express che da anni conduce ricerche in diversi mercati in cui opera, quali Usa, Francia e, più recentemente, Cina.

«Questa – ha continuato Patanè – è la prima edizione. Ma intendiamo dare continuità all’indagine, affinandola e arricchendola anno dopo anno, e farla diventare un appuntamento fisso».

Il campione e la metodologia

Molto ampio il campione preso in esame: 700 aziende clienti di Uvet American Express con spese di viaggio comprese tra 20mila e 15 milioni di euro all’anno – appartenenti ai comparti informatico, telecomunicazioni, largo consumo, moda, chimico-farmaceutico, finanziario, assicurativo, ecc. – e caratterizzate da una continuità del rapporto nel corso del periodo considerato. Se l’analisi si è focalizzata soprattutto sui dati relativi al 1° semestre 2006, è stato costantemente proposto un confronto con i valori riguardanti gli anni 2004 e 2005, così da ottenere indicazioni sui trend di spesa delle aziende e sui cambiamenti occorsi nei comportamenti d’acquisto, nonché – per alcune variabili di particolare interesse – una proiezione di chiusura 2006.

Due, in particolare, i punti di forza dell’indagine: da un lato, la segmentazione del campione in tre cluster dimensionali in funzione dei volumi complessivi di spese di viaggio – aziende “small” fino a 500mila euro, “medium” tra 500mila e 2,5 milioni di euro, aziende “large” oltre 2,5 milioni di euro all’anno (la suddivisione del campione è evidenziata nel grafico 1) -, il che ha consentito di identificare trend e comportamenti talvolta tra loro differenti. Dall’altro, il continuo confronto tra le evidenze quantitative del campione e le fonti ufficiali disponibili (Bsp/Iata e Assaeroporti per il settore aereo e Banca d’Italia per il comparto delle carte di credito) o, laddove mancanti, con i dati forniti dalle diverse associazioni di categoria e con quelli provenienti da studi e ricerche di mercato condotte dai più autorevoli istituti italiani e internazionali.

L’analisi ha riguardato tutte le più importanti voci di spesa del business travel – la biglietteria aerea e ferroviaria, l’hôtellerie e il rent a car -, nonché le relative modalità di pagamento. In quest’ambito vi proponiamo i principali risultati emersi dalla ricerca per quanto riguarda i trend complessivi e le dinamiche delle spese di biglietteria aerea.

Spese di viaggio in crescita

È un mercato in netta ripresa quello che emerge dai dati della ricerca. Nel 1° semestre del 2006, infatti, le 700 aziende del campione hanno registrato un incremento delle spese di viaggio complessive (biglietteria aerea, hotel, car rental, ferrovie, altro) pari al 7,94% rispetto al medesimo periodo dell’anno precedente (+31% rispetto al primo semestre 2004).

Non si tratta però di un trend omogeneo all’interno dei tre cluster dimensionali. La ricerca mette in luce infatti che sono le società “large” a trainare il mercato (+14,36% nel 1° semestre 2006 vs. 2005), mentre le “medium” sono stabili (-0,66%) e le “small” in leggero calo (-1,42%).

Aumenta il numero delle trasferte e dei viaggiatori

Oltre ai volumi, appare in significativa crescita anche il numero totale di trasferte (+ 4,52% nel 1° semestre 2006 vs. 2005) e di viaggiatori (+4,17%). Anche in questo caso, la ricerca sottolinea differenze rilevanti tra i tre cluster dimensionali. In particolare, le aziende “large” registrano tra il 1° semestre 2006 e 2005 un aumento del numero delle trasferte pari al 10%, mentre le “medie” e le “small” mostrano un andamento opposto, evidenziando rispettivamente un calo del 2,51% e del 3,04%.

Per quanto riguarda il numero di viaggiatori, nel primo semestre 2006 esso è aumentato del 9,6%nelle aziende “large”, mentre è diminuito del 2,3% nelle società “medium” e del 3,3% nelle “small”.

Piuttosto stabile invece, nel 1° semestre 2006, il numero medio di trasferte per viaggiatore, che risulta pari a 3,95. Viaggiano di più i dipendenti delle aziende “large” (in media 4,02 trasferte) e “medium” (3,99); leggermente più stanziali quelli delle “small” (3,61).

Il mix di spesa

Ma qual è la ripartizione della spesa tra le diverse tipologie di servizi di viaggio? All’interno del campione la biglietteria aerea risulta preponderante (82,58% del totale spesa nel 1° semestre 2006), mentre l’hôtellerie incide per il 14,14% e le ferrovie per l’1,65%. Molto basso appare il peso del car rental (0,91%), a causa della ridotta intermediazione di questa voce di spesa da parte delle agenzie di viaggio. I dati della ricerca mostrano comunque una lenta ma progressiva crescita nel corso del tempo dell’incidenza della spesa in hôtellerie che può essere ricondotta, da un lato, alla ricerca di un maggior “governo” delle spese alberghiere da parte delle aziende – attraverso il ricorso al know-how e alle competenze dell’agenzia – e, dall’altro, al generale aumento delle tariffe alberghiere.

Anche in questo caso, tuttavia, i tre cluster dimensionali mostrano andamenti differenziati. Nelle aziende con volumi di spese di viaggio più elevati (cluster “large”) – che si rivelano trainanti ai fini del trend del campione complessivo – l’incidenza della biglietteria aerea si riduce dall’80,98% del 2004 al 79,17% del 1° semestre 2006, mentre quella delle spese di hôtellerie sale al 17,68%, con un incremento di circa 2,5 punti percentuali rispetto al 2004.

In controtendenza risultano invece i cluster “medium” e “small”, dove il peso della biglietteria aerea è decisamente più elevato rispetto alla media (86,14% per le aziende “medium” e addirittura 91,64% per le “small” nel 1° semestre 2006) e il trend risulta in crescita. Molto ridotti invece, soprattutto per le aziende “small” (5,28%) i valori della spesa alberghiera, che evidenziano per di più percentuali in calo. È la conferma che, nelle società con volumi di spesa più ridotti, l’hôtellerie resta ancora un’area poco presidiata.

Le dinamiche della biglietteria aerea

Dopo l’analisi dei trend complessivi, la ricerca entra nel dettaglio delle singole voci di spesa. Quali sono, in particolare, le dinamiche della biglietteria aerea? In primo luogo, i dati del campione mostrano nel 1° semestre 2006 una crescita dei volumi di spesa pari al 7,70%. Quanto alla ripartizione tra le diverse tipologie di traffico, prevalgono – in termini di incidenza sul numero di biglietti emessi – i voli nazionali (60,11%), seguiti dagli internazionali (32,37%) e dagli intercontinentali (7,52%). Guardando ai volumi di spesa, la situazione si modifica notevolmente a causa dei differenti valori economici dei biglietti: in questo caso il traffico nazionale pesa per il 33,86%, l’internazionale sale al 39,86% e l’intercontinentale addirittura al 26,28%.

La ricerca mette in evidenza anche l’evoluzione del mix di traffico a partire dal 1° semestre 2004. Sulla base del numero di biglietti, il mix rimane relativamente stabile nel tempo: vi è tuttavia un leggero aumento dei voli intercontinentali e un lieve calo degli internazionali. In termini di volumi di spesa, a fronte di una sostanziale uniformità del peso della biglietteria nazionale, aumenta invece considerevolmente l’incidenza dei voli intercontinentali (dal 21,56% del 1° semestre 2004 al 26,28% del 2006, pari a un +21,9%) mentre si riduce quella degli internazionali (dal 44,23% al 39,86% nei medesimi periodi).

La suddivisione per cluster dimensionali fa emergere ulteriori elementi: mentre le aziende “large” e quelle “medium” ripropongono i trend del campione complessivo, nelle società con volumi di spesa inferiori ai 500mila euro aumenta, nel periodo gennaio 2004 – giugno 2006, l’incidenza dei voli sia intercontinentali sia, soprattutto, internazionali e diminuisce il peso dei voli nazionali. Il che lascia ipotizzare la ricerca da parte di questa tipologia di aziende di nuove opportunità di business sui mercati esteri, in particolare europei.

Il benchmark con il mercato

Come accennato in precedenza uno dei tratti distintivi della Business Travel Survey è il continuo confronto con dati di mercato al fine di verificare i valori e le tendenze che emergono dal campione. Per quanto riguarda il settore del trasporto aereo, in particolare, l’indagine riporta i dati delle fonti ufficiali disponibili: Iata (International Air Transport Association) e Assaeroporti (Associazione Italiana Gestori Aeroporti). Se i dati Iata relativi al traffico passeggeri confermano la crescita del mercato (in Europa l’incremento in termini di Rpk – Revenue passenger kilometre – è stato pari al 6,4% nel 2005 e al 6,0% nel 1° semestre 2006), l’analisi del Bsp Industria in Italia – ossia il volume totale di biglietteria Iata venduta nel nostro Paese – mostra un andamento contraddittorio. Il traffico internazionale evidenzia infatti nel 2005 un incremento dell’1,97% (vs. 2004) e il completo recupero dei volumi del 2000; la positiva performance prosegue nei primi sei mesi del 2006, in cui la biglietteria internazionale fa segnare un ulteriore +1,60%. In continua riduzione invece i dati del Bsp relativi al traffico nazionale. Ma è ragionevole supporre che la flessione del Bsp domestico dipenda sia da una riduzione del prezzo medio del biglietto sia da una progressiva erosione della quota di mercato dei vettori tradizionali da parte delle compagnie low cost i cui volumi non rientrano nel Bsp stesso. E i dati Assaeroporti – che mostrano valori in continuo aumento (+5,5% i passeggeri nel 2005 e +8,5% nel 1° semestre 2006) – confermano pienamente quest’ipotesi.

Le principali destinazioni

Ma quali sono le mete più frequentate dai viaggiatori d’affari? L’indagine conferma, per quanto riguarda il traffico nazionale, l’assoluta prevalenza di Roma (34,96% dei biglietti e 36,34% della spesa per voli nazionali nel 1° semestre 2006) e Milano (Linate e Malpensa – 31,76% dei biglietti e 33,35% della spesa). Seguono Napoli, Catania, Bari e Venezia. In termini di evoluzione, Milano registra nel periodo 1° gennaio 2004 – 30 giugno 2006 un significativo incremento (oltre 2 punti percentuali). In crescita anche Bari e Bologna, mentre si riduce l’incidenza di Napoli e Catania.

A livello europeo il primato spetta a Parigi (12,92% dei biglietti e 16,05% della spesa per voli internazionali nel 1° semestre 2006), seguita da Londra, Monaco, Bruxelles, Francoforte, Madrid. La Germania resta comunque il Paese più frequentato (22,30% dei biglietti e 22,63% della spesa per voli internazionali nel 1° semestre 2006); al secondo posto la Francia (16,55% dei biglietti e 20,21% della spesa).

Tra le destinazioni extraeuropee, infine, New York occupa la prima posizione, concentrando il 6,81% dei biglietti per voli intercontinentali relativi al 1° semestre 2006 e il 7,75% della spesa; seguono Shanghai, Dubai e Beijing. Raggruppando i dati per paese, nel 1° semestre 2006 gli Stati Uniti continuano a rappresentare la principale direttrice del traffico d’affari intercontinentale sia in termini di numero di biglietti (37,41%) sia di spesa (38,05%). La seconda posizione della Cina (10,2% per numero biglietti e 10,3% per volumi di spesa) sottolinea l’importanza di questo paese a livello economico, mentre più lontano appare il Brasile (3,4% e 4,3%).

Economy, business o first?

In quali classi di servizio viaggiano i business traveller italiani? La tendenza delle aziende a prescrivere l’utilizzo della classe economy per i voli di durata inferiore alle 4 ore è sempre più diffusa. Dalla survey emerge infatti un’incidenza dell’economy nel 1° semestre 2006 pari a oltre il 73% della spesa totale di biglietteria aerea e a più del 91% rispetto al numero di biglietti emessi, con una continua progressione nel tempo. La business class – pur incidendo <b<più del=”” 25%=”” a=”” livello=”” di=”” spesa<=”” b=””>- pesa ormai solo l’8,5% in termini di numero di biglietti, mentre i valori relativi alla first class, sia pure molto bassi, restano abbastanza stabili. Il trend è evidente anche nell’analisi dei voli internazionali – la business scende dal 31,1% del 2004 al 22,1% del 2006 in termini di volumi di spesa e dal 21,3% al 14,7% per numero di biglietti – mentre diverso risulta l’andamento per i voli intercontinentali. Qui la business resta molto utilizzata e mostra addirittura valori in crescita, passando dal 37,6% del 2004 al 40,3% del 2006. In particolare, l’indagine mette in luce un utilizzo della business più marcato rispetto alla media nelle aziende del cluster “large” (43,4% nel 1° semestre 2006) e decisamente inferiore in quelle “small” (30,55%), dove tra l’altro emerge – in controtendenza – una riduzione nel corso del tempo.

Il peso delle nuove classi tariffarie

Estremamente significativi i risultati della ricerca riguardo alle diverse classi tariffarie utilizzate. Una premessa è d’obbligo per comprendere il fenomeno in atto. Nel mondo del trasporto aereo si possono sinteticamente distinguere due principali tipologie di tariffe: Iata – dette anche ufficiali o pubblicate – e non Iata, chiamate anche confidenziali o nette o negoziate. Queste ultime sono quelle che i vettori aerei possono concedere a determinate agenzie di viaggio o ai grandi clienti con volumi di spesa significativi (in questo caso vengono definite tariffe corporate).

Le tariffe Iata si dividono poi in piene o full e speciali. Mentre le prime non hanno vincoli, le tariffe speciali prevedono una serie di restrizioni legate al periodo di permanenza, alla rimborsabilità, ai giorni della settimana ecc. A partire dal 2003 molte compagnie di linea tradizionali hanno rivoluzionato i loro sistemi di pricing al fine di recuperare competitività sul mercato, introducendo il concetto dell’acquisto “one way” e della combinabilità delle tariffe e riducendo proprio i vincoli delle tariffe speciali, che sono così divenute interessanti anche per i viaggiatori d’affari.

E l’indagine mette in luce infatti una profonda evoluzione nel tempo dei comportamenti d’acquisto delle aziende . In particolare, si riduce la richiesta di tariffe di business “piena” mentre resta relativamente stabile quella di tariffe business “special o corporate”. Ma il grande cambiamento riguarda la classe economy: in termini di numero di biglietti, l’incidenza della “full fare” perde oltre dieci punti percentuali, passando dal 33,5% del 2004 al 23,2% del 1° semestre 2006, mentre l’utilizzo di tariffe corporate e/o speciali guadagna circa dodici punti percentuali, salendo dal 56,1% del 2004 al 68% del 2006.

Di grande interesse anche l’analisi effettuata nella survey sui cambiamenti intervenuti nell’average ticket price e sul crescente peso di tasse e surcharge sul prezzo totale del biglietto aereo.

L’utilizzo dei vettori low cost

Infine, qual è l’impatto dei vettori low cost sul traffico d’affari? Secondo i dati della ricerca nel 1° semestre 2006 i vettori low cost incidono per il 2,12% rispetto al numero totale di biglietti. Si tratta di un valore ancora limitato ma in forte aumento (+160%) rispetto ai primi sei mesi del 2005, a dimostrazione di una crescente attenzione per i vettori a basso costo anche da parte delle aziende. Molto più contenuta, ovviamente, risulta l’incidenza dei voli low cost rispetto ai volumi (0,74% nel 1° semestre 2006).

Spunti interessanti emergono dall’analisi del comportamento dei tre cluster dimensionali: l’incidenza dei vettori a basso costo in termini di numero di transazioni nel 1° semestre è infatti pari al 2,12% per le aziende “large” e all’1,73% per le “medium”, mentre sale al 3,10% per le “small”. Quali le possibili motivazioni? Le aziende “small” beneficiano raramente di accordi preferenziali con i vettori e in genere non hanno policy particolarmente strutturate. Il singolo viaggiatore gode così di una maggiore libertà di scelta e – avendo magari già sperimentato i vettori low cost nei propri viaggi di piacere – li adotta con maggiore facilità anche per le trasferte di lavoro.

Testo di Sasa Carpaneda, Mission N. 1, gennaio-febbraio 2007

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