La rivoluzione nel trasporto urbano

Se non è una rivoluzione, poco ci manca. E come tutti i cambiamenti radicali, porta con sé una resistenza da parte delle categorie che fino a quel momento erano state protette.
Stiamo parlando del car sharing e, in particolare, dello sviluppo delle application nel settore deltrasporto pubblico locale: una tendenza recente che potrebbe risultare interessante anche per i travel e mobility manager, sempre più spesso alla ricerca di nuove soluzioni per agevolare gli spostamenti dei propri dipendenti (anche quelli “casa-lavoro”), riducendo i costi e l’impatto sull’ambiente.
Ma in che cosa consiste questa nuova tipologia di servizio? Fino ad oggi le esigenze di chi doveva muoversi in città erano sostanzialmente suddivise tra mezzi privati (a cui ricorreva una larga parte di utilizzatori) e trasporto pubblico – prevalentemente tram e autobus e, in misura più modesta, i taxi -, a cui si aggiungeva una percentuale di spostamenti compiuti a piedi e in bicicletta. Le forme alternative di trasporto collettivo occupavano una quota decisamente inferiore. Di recente, però, in molte aree urbane europee e americane sono cresciuti servizi alternativi per il noleggio temporaneo o la condivisione di autoveicoli. Si tratta di offerte molto apprezzate dai cittadini e facilmente fruibili, grazie alla possibilità di prenotare il veicolo accedendo a un’app sul proprio smartphone.
In Italia, questi servizi sono fortemente contestati dai taxi, che si ritrovano per la prima volta ad affrontare una concorrenza in un settore che ha sempre vissuto in un regime di monopolio.
I taxi sono fortemente dipendenti dalle regole comunali che hanno la possibilità di fissare le tariffe e il numero di licenze in un settore “chiuso”. Quando le tariffe sono elevate e il numero di licenze è basso, il servizio peggiora, ma aumentano i proventi per i taxi. All’opposto, un aumento del numero di licenze e una riduzione dei prezzi permette un miglioramento della qualità, ma meno ricavi per i tassisti. Di fatto, il Comune è il decisore, e spesso subisce le pressioni di questa categoria. Il blocco del servizio dei taxi, infatti, è capace di mettere in ginocchio il trasporto nelle città e paralizzarlo.

Un servizio efficiente
Il car sharing, sviluppato da alcuni produttori di automobili puntando sulla prenotazione tramite appe la geolocalizzazione, permette un uso efficiente dei veicoli in città.
Bisogna infatti ricordare che il tempo di utilizzo di un’auto privata è pari a circa il 4 o 5% della giornata, mentre per la restante parte il veicolo rimane fermo in sosta, occupando suolo pubblico o privato. La condivisione dell’auto permette un incremento dell’efficienza del trasporto cittadino e, quindi, una diminuzione della congestionee dell’inquinamento nelle aree urbane. Alcuni studi hanno indicato che per ogni vettura data offerta dal car sharing, tende a sostituire circa 11 vetture private.
La naturale evoluzione del servizio è la condivisione dell’auto di proprietà, come dimostra la nascita e il successo di app quali Uberpop. ciò è possibile solo grazie al fatto che si sta sviluppando l’uso degli smartphone su scala globale e nascono ogni giorno nuovi servizi che puntano all’aumento della soddisfazione dei viaggiatori, anche nell’ambito della mobilità urbana. Nel mondo, infatti, quasi un miliardo di persone ha comprato un “telefonino intelligente” nel corso del 2013, in crescita di oltre il 40% rispetto al 2012, e anche i tablet hanno registrato nel 2013 un utilizzo sempre maggiore. Le vendite nel corso dello scorso anno hanno quasi raggiunto quota 200 milioni di dispositivi.

I punti forti del servizio
Mentre in Europa è presente ormai da alcuni anni, in Italia il car sharing si è diffuso solo nel 2013. In precedenza vi erano stati alcuni esperimenti da parte delle aziende municipalizzate, ma il modello proposto era troppo rigido e non adatto alla flessibilità richiesta dai viaggiatori. Oggi siamo di fronte all’avvento di un business totalmente privato, che di fatto non costa nulla alle casse pubbliche, e anzi genera introiti. Secondo le prime stime, nel 2014 solamente nel Comune di Milano le licenze porteranno nelle casse pubbliche oltre 1,4 milioni di euro che, a regime, potrebbero superare i 2 milioni di euro l’anno.
Ma quali sono le caratteristiche vincenti di questo servizio? Innanzitutto è capillare e permette il libero parcheggio e utilizzo dei veicoli all’interno di un’area prestabilita. Ogni auto paga oltre 1000 euro per poter liberamente parcheggiare e per utilizzare le aree a traffico limitato. Inoltre, ha il vantaggio di essere sviluppato da alcuni importanti produttori dell’automotive, che hanno l’interesse che gli utilizzatori del car sharing provino le loro auto e mettono in circolazione un buon numero di vetture della propria marca. Ad esempio, il servizio milanese Car2Go incide per il 7% sulle vendite annuali della Smart in un periodo nel quale il mercato è sofferente.

I numeri di un successo
Come accennato, il nostro Paese si è affacciato leggermente in ritardo su quello che sta diventando il mercato del trasporto regolato di autovetture private, nonostante la leadership nel mercato degli smartphone. Tuttavia l’arrivo del car sharing è stato un grande successo perché il numero di noleggi è stato elevato, superiore a tutte le attese.
Ad esempio, il Comune di Milano si aspettava di registrare circa 50mila iscritti, ma nel corso di soli tre trimestri ne ha contati 110mila. Ormai quasi il 10% della popolazione milanese possiede una tessera di uno dei fornitori del servizio di car sharing, e questo dimostra che è in atto una vera e propria rivoluzione. È elevato anche la capillarità del servizio: il numero di auto in car sharing per chilometro quadrato, infatti, è di 10,4. Nel complesso i due primi fornitori di car sharing a Milano offrono oltre 1200 vetture per un’area coperta dal contratto di servizio con il Comune di 120 chilometri quadrati.
Car2Go, leader in Europa, sembra raggiungere un maggior numero di clienti, mentre Enjoy è il follower.
Roma il servizio si sta sviluppando nel corso del 2014, ma è probabile che registrerà un successo simile a quello milanese. A fine aprile il numero di auto era molto più limitato rispetto al capoluogo lombardo (300, su un’area di circa 100 chilometri quadrati), ma le flotte stanno crescendo in maniera importante e si prevede che per l’inizio del 2015 si possa raggiungere un valore di 10 auto per chilometro quadrato, contro le attuali 3. Nella capitale, tra l’altro, ogni auto è utilizzata in media per 4,8 noleggi al giorno, contro i 4,7 di Milano.
Questi dati permettono di stimare altri parametri che evidenziano come il business diventi presto profittevole, nonostante sia presente da meno di un anno nelle due principali città italiane. Ogni auto percorre in media tra 31 e 40 chilometri in funzione dell’operatore e della città, ma i dati sono in costante aumento.
Il ricavo medio per ogni singola tratta è di circa 6 euro, mentre il ricavo giornaliero per autovettura ha già raggiunto i 35 euro nei casi di maggiore efficienza. È possibile immaginare che l’utilizzo venga incrementato nei prossimi mesi e il ricavo per auto al giorno possa facilmente superare i 50 euro. La clientela inoltre è molto giovane, dato che il 45% degli utilizzatori ha meno di 35 anni: si tratta, non a caso, delle classi di età che utilizzano e sfruttano al meglio le tecnologie.
Il trasporto urbano ha dunque nuovi attori che portano scompiglio in un settore che per molti, forse troppi anni è rimasto immobile.
Lo sviluppo tecnologico ha permesso la nascita di nuovi servizi, utili al consumatore e al viaggiatore, ma offre spunti interessanti anche a chi, all’interno delle aziende, gestisce le flotte auto e la mobilità dei dipendenti. Il servizio di car sharing, infatti, permette un’ottima flessibilità e soprattutto è integrato con altre tipologie di trasporto. Inoltre è utilizzabile già su scala europea e consente alla clientela business di noleggiare l’auto non solo in Italia, ma anche nelle principali città europee. Questa rivoluzione ha già cambiato in poco meno di un anno il trasporto nelle aree metropolitane, ma nei prossimi anni potrebbe addirittura mutare il comportamento dei consumatori in maniera permanente.

Testo di Andrea Giuricin, Mission n.4, giugno-luglio 2014

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