Con l’arrivo del 2025, cambiano le regole fiscali per le auto aziendali concesse in uso promiscuo ai dipendenti. La Legge di Bilancio 2025 (n. 207/2024) ha infatti riscritto i criteri per calcolare il benefit in busta paga, puntando tutto sulla tipologia di alimentazione del veicolo. Una novità importante, che porta con sé vantaggi per chi sceglie l’elettrico, ma anche qualche incertezza da chiarire.
Auto aziendali: addio emissioni, conta solo il tipo di alimentazione
Fino al 2024, per determinare il valore fiscale e contributivo del benefit legato all’auto aziendale, si guardavano le emissioni di CO₂ del veicolo. Dal 1° gennaio 2025, invece, l’unico criterio sarà il tipo di alimentazione.
Questo significa che non importa più se un’auto a benzina inquina poco: se non è elettrica o plug-in, avrà comunque una tassazione più alta. Ecco cosa prevede la nuova norma:
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Auto elettriche: tassazione ridotta al 10%
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Auto ibride plug-in: tassazione al 20%
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Auto a benzina, diesel, mild hybrid, metano o GPL: tassazione al 50%
La base di calcolo resta la stessa: si assume una percorrenza annua di 15.000 km, moltiplicata per il costo chilometrico stabilito ogni anno dall’ACI sulle note Tabelle in vigore.
Quando entrano in vigore le nuove regole?
Le nuove percentuali valgono solo per:
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Veicoli immatricolati dal 1° gennaio 2025
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Contratti di assegnazione stipulati dal 1° gennaio 2025
Tuttavia, la norma non contiene alcuna disposizione transitoria. Questo crea un vuoto normativo che genera confusione in molti casi pratici.
I dubbi da chiarire: cosa succede alle auto aziendali “a cavallo” tra 2024 e 2025? Salvaguardia e regime transitorio
La mancanza di una norma transitoria solleva domande importanti. Ad esempio:
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Se un’azienda immatricola l’auto nel 2024, ma la consegna in uso al dipendente nel 2025, quale regime si applica?
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Se il contratto è firmato nel 2024, ma l’auto arriva nel 2025, si applicano le vecchie o le nuove regole?
Secondo alcune interpretazioni, in mancanza di una norma chiara, si potrebbe finire per applicare il cosiddetto valore normale (più oneroso), creando un danno sia per il lavoratore sia per l’azienda.
Interpretazione Assonime, Proroga e Riassegnazione
Assonime evidenzia come anche l’ultimo intervento normativo porti ad alcune interpretazioni non del tutto in linea con la ratio delle modifiche normative. Per tale ragione saranno importanti i chiarimenti ufficiali da parte dell’Amministrazione finanziaria.
Per Assonime, il vecchio regime continuerebbe a trovare applicazione non soltanto per i veicoli immatricolati dopo il 1° luglio 2020 e concessi in uso ad un dato dipendente con contratto stipulato dopo la predetta data e ancora operante dopo il 31 dicembre 2024, ma anche per i veicoli oggetto di proroga, dopo il 31 dicembre 2024 o riassegnazione.
In altri termini la flotta esistente al 31 dicembre 2024 resta soggetta al precedente regime fino alla sua progressiva estinzione, assicurando la tassazione previgente.
La nuova Legge per la transizione delle auto rischia di sortire l’effetto opposto
Le nuove regole cercano di favorire la transizione ecologica, premiando le auto meno inquinanti. Ma nella pratica, il sistema presenta alcune contraddizioni.
Paradossalmente, nel 2025:
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Le auto elettriche saranno nettamente più vantaggiose fiscalmente.
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Le ibride plug-in manterranno un beneficio, anche se più ridotto.
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Le auto a combustione interna, anche a basse emissioni, subiranno una penalizzazione rispetto al passato.
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Alcune auto altamente inquinanti, che nel 2024 erano tassate al 60%, passeranno al 50% e quindi pagheranno meno tasse.
Questo effetto paradossale è stato già segnalato da molti esperti, in attesa di chiarimenti ufficiali.
Cosa devono fare aziende e lavoratori?
In attesa di istruzioni più precise da parte dell’Agenzia delle Entrate, le imprese dovrebbero:
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Fare attenzione alla data di immatricolazione e a quella di assegnazione dell’auto.
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Valutare eventuali impatti fiscali per i nuovi contratti del 2025.
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Seguire con attenzione i prossimi chiarimenti normativi.
Le nuove regole sulla tassazione delle auto aziendali vanno nella direzione di una mobilità più sostenibile. Ma l’assenza di una disciplina transitoria rischia di creare confusione e trattamenti disomogenei. Per ora, il consiglio è uno solo: valutare caso per caso e tenersi aggiornati sulle possibili interpretazioni ufficiali.