L’auto elettrica nelle flotte auto

Fino a pochi anni fa, chi avesse scambiato il progetto dell’auto elettrica per un esperimento avventuroso e un po’ bizzarro sarebbe stato scusato. In tempi recenti come il 2006, il film-documentario americano “Who killed the electric car?” offriva un epitaffio sulla vettura mai nata, individuando in pregiudizi degli automobilisti, limiti tecnologici e manovre lobbistiche le ragioni di un fallimento annunciato. Un requiem troppo frettoloso: sebbene ancora marginale dal punto di vista numerico, con poco meno di un milione di unità vendute nel mondo lo scorso anno (ma dovrebbero triplicare in cinque anni secondo gli analisti di JD Power, una delle aziende statunitensi più note nell’ambito delle ricerche di mercato), questo tipo di alimentazione ha ritrovato slancio e superato ormai la fase sperimentale. Il potenziale è alto: in Italia, secondo un sondaggio Swg condotto all’ultimo Motorshow di Bologna, l’auto elettrica riscuote l’interesse di oltre tre quarti degli automobilisti. E l’investimento di alcuni fra i nomi più grossi del mercato nel segmento delle auto medie e compatte dovrebbe facilitare il salto di qualità in termini di diffusione.

I nuovi modelli sul mercato
Una soluzione efficace si è rivelata la collaborazione fra costruttori, che permette di assorbire costi di ricerca e sviluppo il cui ritorno è inizialmente incerto e lontano nel tempo. Sul mercato italiano il 2011 vedrà la presenza delle tre “sorelle” Mitsubishi i-MIEV, Citroen C-Zero e Peugeot iOn, tre varianti di una partnership fra il colosso giapponese e il gruppo francese Psa per una compatta monovolume. Esperimenti di uso per le flotte aziendali della piccola Mitsubishi sono in corso in Giappone da oltre un anno. Ancora più compatta è la Smart For Two ED, in vendita solo nel 2012 ma già noleggiabile in alcune città-test italiane a 400 euro al mese più Iva tutto compreso.
Nell’auto elettrica investe anche Renault, sia con il proprio marchio che con quello della controllata Nissan. Il costruttore, che lancia la versione elettrica di Kangoo Express fra i veicoli commerciali, punta al segmento delle auto medie con Nissan Leaf, familiare a due volumi appena eletta auto dell’anno 2011, e Renault Fluence ZE, berlina a tre volumi in arrivo nel 2012. Entrambe saranno incluse nelle flotte di Avis, mentre Leaf entrerà anche nel parco auto di Hertz.

6-8 ore per la ricarica
L’auto elettrica di nuova generazione ha ben poca relazione con i tentativi infruttuosi degli anni Novanta. Il differenziale di prestazioni rispetto all’alimentazione tradizionale, una lacuna evidente in passato, non sembra più un problema. Nei nuovi modelli elettrici la risposta del motore in termini di coppia, accelerazione e ripresa è generalmente analoga a quelle delle auto a benzina e in certi casi migliore. Renault Fluence ZE, con un motore da 95 cv, permette un’accelerazione da 0 a 100 chilometri all’ora superiore rispetto al modello a benzina equivalente.
Rispetto a quindici anni fa, il fardello di batterie costose, ingombranti e poco efficienti è stato fortemente ridotto, anche se la ricarica con un collegamento alla presa domestica da 220 volt continua a richiedere sei-otto ore e rimane quindi un’opzione limitata allo stazionamento notturno dell’auto nel box. Le colonnine di ricarica in strada, che permettono di completare l’operazione in meno di un’ora, sono indispensabili per il futuro: un segnale positivo è dato dal progetto E-moving, in collaborazione fra Renault e la utility lombarda A2A, per l’installazione di colonnine nelle aree di Milano e Brescia. L’obiettivo è una rete punti di ricarica ad alta tensione, che permetteranno di svolgere l’operazione con tempi simili a quelli di un pieno di carburante.

Costi di acquisto
Restano piuttosto alti i costi di acquisto, un deterrente per l’utente privato che paradossalmente potrebbe invece giocare a favore del fleet manager. Per ovviare al problema, infatti, alcune case automobilistiche puntano sul noleggio a lungo termine, con formule pensate per una gestione senza patemi della flotta elettrica, comprendendo aspetti come manutenzione e sostituzione delle batterie che vanno considerati nel Tco. Citroen e il noleggiatore di lungo termine Arval, per esempio, hanno annunciato l’offerta C-Zero con un canone di 548 euro al mese per 60 mesi e una percorrenza totale di 50.000 chilometri, comprensivo di manutenzione ordinaria e straordinaria, copertura assicurativa e cambio pneumatici.

Vantaggi per l’ambiente
Quanto al costo energetico, quello dell’auto elettrica è pari a circa un decimo rispetto a quello dell’auto ad alimentazione tradizionale, elemento di forte impatto nel computo del Tco che non sfuggirà al responsabile della flotta aziendale, così come il fatto che la dinamica dei prezzi petroliferi, sotto pressione per l’aumento vertiginoso della richiesta di automobili nei grossi mercati emergenti, tende verso l’allargamento, piuttosto che la riduzione, di questo gap. Altrettanto importanti, infine, saranno l’evoluzione della normativa stradale, che presumibilmente andrà penalizzando sempre più la circolazione nociva dal punto di vista delle emissioni, così come la percezione da parte del mercato circa il più o meno forte senso di responsabilità dell’impresa nei confronti dell’ambiente, su cui le green policy possono incidere direttamente.

Gli svantaggi
Un grosso problema rimane l’autonomia di marcia, limitata nella maggioranza dei casi, a 150-160 chilometri. Una considerazione prioritaria nelle valutazioni di un fleet manager, se si pensa alle esigenze di un sales representative aziendale impegnato a percorrere centinaia di chilometri ogni giorno con tempi di spostamento ridotti all’osso per massimizzare le visite ai clienti. La Nissan Leaf, per fare un esempio, presenta un’autonomia che a seconda della pesantezza del piede del driver può variare fra gli 80 e i 220 chilometri. Sufficienti per un dipendente che usa l’auto per spostarsi fra il posto di lavoro e la propria abitazione, ma non per un account manager che ha appuntamento con tre clienti localizzati in tre province diverse del centro Italia.

Le ibride
A questo tipo di problema potrebbe ovviare la filosofia ibrida o di extended range, come quella di Opel Ampera, che a un motore elettrico che copre gli spostamenti di breve raggio associa un propulsore termico che ricarica le batterie fornendo un’autonomia potenziale fino a 500 chilometri. La scelta dell’ibrido elettrico è condivisa da diversi costruttori e arriva ormai anche alle ammiraglie Bmw e Mercedes. Pur non replicando il concetto di zero emissioni dell’auto elettrica pura, consente riduzioni dei consumi nell’ordine del 15%.
Una risposta deve necessariamente venire dalla politica delle infrastrutture. L’auto elettrica non farà strada senza una pianificazione della rete viaria e del tessuto urbano e interurbano pensata anche per questo tipo di veicolo. Non basta sviluppare auto elettriche, occorre muovere verso un modello infrastrutturale coerente, a cominciare da un impulso deciso alla realizzazione delle colonnine di ricarica, la cui presenza ad oggi resta ampiamente deficitaria.
Un ordine di problemi diverso riguarda il concetto di emissioni zero a cui si è poco fa accennato. È cosa nota, infatti, che l’energia elettrica nel nostro Paese, quando non acquistata dall’estero, non deriva generalmente da fonti pulite. Circa tre quarti di essa vengono ricavati da carbone, petrolio e gas naturale. Solo in piccola parte vengono utilizzate fonti rinnovabili come l’energia geotermica, quella idroelettrica o eolica, mentre l’energia solare fornisce una quota quantitativamente trascurabile di elettricità. In tal modo, l’adozione di auto elettriche si configura in realtà come uno spostamento a monte della fonte inquinante, dal veicolo circolante all’impianto di produzione dell’energia che lo alimenta. Un passo avanti in termini di green policy per l’azienda, ma un problema ancora irrisolto a livello di sistema-Paese.

Circolo virtuoso o vizioso?
È probabile che a livello numerico le auto elettriche di utilizzatori privati, almeno per un orizzonte temporale di un anno, continueranno a essere mosche bianche sulla strada. Il che non significa che debbano restarlo anche nella sfera delle flotte aziendali, visto il più ampio ventaglio di soluzioni di cui può disporre l’impresa per il noleggio. Ma il futuro dell’auto elettrica non è ancora garantito. Un rafforzarsi dei segnali positivi da parte del mercato dovrebbe costituire, plausibilmente, un forte incentivo per amministrazioni pubbliche, società di utility e costruttori all’investimento in una rete infrastrutturale attualmente inadeguata. Al momento però, è proprio tale inadeguatezza uno dei principali motivi di incertezza che ostacolano il trasformarsi dell’interesse generico nei confronti dell’auto elettrica in una decisione di acquisto. Si delinea così un potenziale circolo vizioso, che un impulso dalla politica della mobilità potrebbe spezzare.

Iniziative delle Istituzioni
Comuni grandi e piccoli come Milano e Roma, Pisa e Parma stanno muovendo alcuni passi nella direzione giusta. L’Italia non brilla al momento per incentivi e politiche pubbliche favorevoli all’auto elettrica, a differenza di altri Paesi europei, ma dall’ottobre 2010 è in corso d’esame presso la Camera una proposta di legge per la realizzazione di reti infrastrutturali a servizio dei veicoli alimentati a energia elettrica. La proposta, muovendo dal Libro Bianco approvato dalla commissione Ambiente nel 2009 e da una direttiva europea dello stesso anno, sostiene non solo la produzione di legislazione regionale e l’armonizzazione di quella nazionale a favore dell’auto elettrica, ma anche il potenziamento della rete infrastrutturale e auspica una politica di incentivi all’acquisto. Esattamente le condizioni che, al contemporaneo verificarsi, potrebbero rompere il circolo vizioso e trasformarlo in virtuoso, laddove la maggior dimensione del mercato permetterà verosimilmente un abbattimento dei costi e una serie di ulteriori miglioramenti tecnologici, spostando l’ago della bilancia sempre più a favore dell’auto che si muove senza lasciare traccia.

 

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