La giornata di inaugurazione del primo car sharing pubblico a idrogeno d’Italia, svoltasi a Forte Marghera, è stata anche l’occasione per guardare al futuro della mobilità a emissioni zero. Proprio lì, accanto alle vetture silenziose e pulite, ha fatto la sua comparsa l’Hilux FC, prototipo a idrogeno del celebre pick-up Toyota, ancora in fase sperimentale ma già capace di ispirare curiosità e aspettative.
L’Osservatorio Auto e Mobilità Luiss: l’idrogeno come motore del cambiamento
A dare ancora più spessore alla giornata, la presentazione dei risultati dell’Osservatorio Auto e Mobilità della Luiss Business School, guidata dal professor Fabio Orecchini, esperto in Sistemi per l’Energia e l’Ambiente.
Lo studio – dal titolo eloquente “Prospettiva idrogeno per l’auto e la mobilità” – non si limita a parlare di tecnologia, ma offre una visione ampia e concreta su come questo vettore energetico possa trasformare il nostro modo di muoverci, produrre e vivere.
L’idrogeno è davvero la chiave per la decarbonizzazione?
Secondo l’Osservatorio, sì. E non solo per il trasporto su strada. L’idrogeno è sempre più centrale nelle strategie europee e globali per raggiungere l’obiettivo delle zero emissioni, ma deve essere davvero “verde”: prodotto cioè da energia rinnovabile, in modo sostenibile e tracciabile. L’Europa richiede infatti criteri rigorosi come addizionalità e contemporaneità nell’uso delle rinnovabili.
L’Italia investe miliardi nell’idrogeno
Il nostro Paese sta accelerando. Grazie al PNRR, sono stati stanziati 3,64 miliardi di euro per lo sviluppo dell’idrogeno. In arrivo 61 Hydrogen Valley, 30 nuove stazioni di rifornimento per i mezzi su gomma, 7 per il trasporto pubblico locale e 1 presso un centro ENEA. L’obiettivo? 7.000 tonnellate all’anno di idrogeno rinnovabile entro il 2026.
E l’Europa rilancia con la nuova normativa AFIR, che punta a una rete di rifornimento capillare: una stazione ogni 200 km lungo le principali autostrade e in ogni città.
Non solo auto elettriche: l’idrogeno è un’alternativa reale (e necessaria)
Una delle riflessioni più interessanti emerse dallo studio è che l’idrogeno non deve essere visto come un concorrente delle auto elettriche a batteria, ma come un’opzione complementare.
La transizione deve essere multi-tecnologica: ogni soluzione ha senso in un contesto preciso. Per fare davvero la differenza, serve flessibilità. E serve valutare tutto: l’impatto ambientale, la disponibilità delle risorse, i costi, ma anche il valore sociale e industriale.
Una nuova filiera industriale pronta a nascere
C’è anche una grande opportunità economica. Lo sviluppo dell’idrogeno in Italia potrebbe valere fino a 7,5 miliardi di euro entro il 2030 e addirittura 35 miliardi entro il 2050, generando centinaia di migliaia di posti di lavoro.
Non solo trasporto stradale: si guarda anche alla mobilità ferroviaria, ai motori a combustione interna alimentati a idrogeno, e all’integrazione nelle reti energetiche (Power-to-Gas, Power-to-Heat).
Un futuro senza emissioni è possibile
L’Osservatorio lo dice chiaramente: se vogliamo davvero abbandonare i combustibili fossili e raggiungere l’obiettivo “net zero”, l’idrogeno può e deve essere uno degli assi portanti della strategia energetica europea e italiana.
Non si tratta solo di tecnologia: è una questione di visione, infrastrutture, coraggio industriale e scelte politiche. Ma anche, come dimostrano giornate come quella di Venezia, di persone, territori e alleanze.
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