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Stati Uniti, possibile visto “social”: obbligatorio mostrare Instagram e Facebook per entrare nel Paese

Dal 2026 potrebbe diventare obbligatorio fornire account social, email passate e dati dei parenti stretti per ottenere l’ESTA. Una misura che fa discutere tra privacy e sicurezza.

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Presto, per entrare negli Stati Uniti, oltre al passaporto potremmo essere costretti a mostrare anche cosa pubblichiamo su Instagram e Facebook. Nelle scorse ore sta facendo discutere la proposta avanzata del Customs and Border Protection – l’Agenzia americana per la protezione delle frontiere – che propone di richiedere a tutti i turisti stranieri gli ultimi cinque anni di attività sui social per poter entrare nel Paese.

La misura, pubblicata ieri sul Federal Register, al momento non è ancora attiva ma, secondo alcuni media americani, potrebbe diventare operativa all’inizio del 2026. Guarda caso a pochi mesi dall’inizio dei Mondiali di calcio in programma anche negli Stati Uniti tra giugno e luglio.

Se approvata, la regola renderebbe obbligatorio controllare i profili social anche per i visitatori provenienti dai 42 Paesi che normalmente non hanno bisogno del visto per viaggi brevi, come Regno Unito e Italia.

Come funzionerebbe il nuovo “visto social” per gli Stati Uniti?

Oggi chi viaggia negli Stati Uniti per turismo o lavoro può entrare senza visto per massimo 90 giorni, chiedendo online l’ESTA. Si tratta di un’autorizzazione digitale per entrare negli U.S.A. – acronimo di Electronic System for Travel Authorization – che costa 40 dollari e dura due anni.

Con la nuova proposta del CBP, chi richiede l’ESTA dovrebbe fornire molte più informazioni: oltre all’e-mail, indirizzi, numero di telefono e contatti di emergenza, bisognerebbe condividere anche account social, email usate negli ultimi 10 anni e dati personali dei propri parenti stretti (genitori, fratelli, coniugi, figli).

Una stretta che va ad aggiungersi ai già rigidi controlli introdotti dall’amministrazione Trump per alcuni tipi di visti, come quelli per studio, scambi culturali e H-1B, permesso di lavoro temporaneo destinato a lavoratori stranieri altamente specializzati – o per.

A tutto questo si aggiunge inoltre la cosiddetta Visa Integrity Fee. Si tratta di una tassa di 250 dollari che presto dovrà essere pagata da molti visitatori internazionali che necessitano di visti non-immigranti. Tra questi si annoverano turisti, viaggiatori d’affari e studenti internazionali. Ad ogni modo, questa tassa non riguarderà i viaggiatori provvisti dell’ESTA.

Le preoccupazioni non sono poche

La proposta ha già suscitato critiche da parte di organizzazioni per i diritti digitali. In prima fila c’è infatti l’Electronic Frontier Foundation, che parlano di sorveglianza eccessiva e intimidatoria. A preoccupare sono anche le indicazioni che il dipartimento di Stato ha dato ai funzionari consolari. Questi ultimi sono stati infatti incaricati di controllare eventuali “segni di ostilità” verso gli Stati Uniti nei contenuti social dei viaggiatori.

Il CBP ha aperto 60 giorni per raccogliere commenti pubblici sulla proposta. Gli esperti temono tempi più lunghi per ottenere l’autorizzazione e un maggior numero di viaggiatori sottoposti a controlli approfonditi. Tutto questo porterebbe a un netto calo del numero di turisti e business traveller.

La proposta prevede anche di eliminare la possibilità di richiedere l’ESTA dal sito web del governo, costringendo i viaggiatori a usare l’app ESTA Mobile. Il CBP stima che oltre 14 milioni di persone all’anno useranno l’app una volta entrata in vigore la nuova regola.

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