Un’offerta sempre più brandizzata

L’approssimarsi dell’Esposizione universale; le iniziative del Demanio, impegnato da tempo a vendere, o a dare in locazione di lunga durata, una parte del proprio portafoglio immobiliare ai fini di una sua valorizzazione turistica; la diffusione nella penisola di nuovi concept di ospitalità, come per esempio i complessi polifunzionali, le proprietà frazionate, le ville e gli appartamenti dotati di servizi alberghieri; ma soprattutto la svalutazione a cui sono andati incontro negli anni della crisi molti immobili alberghieri, in particolare quelli di lusso situati nelle grandi città della Penisola. Sono tutti fattori che stanno riaccendendo l’interesse degli investitori e delle grandi catene internazionali nei confronti del mercato italiano.
Lo dimostrano, tra le altre cose, le transazioni eccellenti registrate in tempi recenti: per esempio la Dorchester Collection del sultano del Brunei, quella del Principe di Savoia di Milano per intenderci, a settembre 2013 ha acquistato un’altra icona dell’ospitalità italiana, il romano hotel Eden. Un paio di mesi più tardi, il fondo sovrano del Qatar si è invece accaparrato, sempre nella capitale, il Regina Baglioni, e a marzo di quest’anno il gruppo britannico Millennium & Copthorne Hotels ha siglato un accordo con la Boscolo Hotels per l’acquisto del Palace Rome. Tra gli investitori locali, invece, il Gruppo Statuto, proprietario sia del Danieli di Venezia sia del Four Seasons di Milano, sta pensando proprio in questi giorni di quotare in borsa lo spin-off del proprio ramo alberghiero, mentre la società di asset management Hines Italia è in fase di trattative per acquisire la gestione del fondo Venice 1, proprietario di altre due strutture di grande pregio come l’Excelsior Hotel e il Des Bains del Lido di Venezia.

In tale contesto di crescente attenzione per il mercato alberghiero della Penisola, la società di consulenza Horwath Htl ha pensato di tracciare un quadro aggiornato del comparto dell’ospitalità italiana, con particolare riguardo alle strutture di catena. Ne è emerso uno scenario in divenire che, pur nella perdurante frammentazione di un contesto caratterizzato dalla massiccia presenza di strutture a conduzione familiare, mostra una certa tendenza verso forme di concentrazione e razionalizzazione dell’offerta: in una decina di anni, infatti, le strutture di catena, o affiliate a marchi di almeno cinque hotel, sono passate dal rappresentare, nel 20o3, circa il 6% del totale delle camere presenti nel Paese, al 12,7% dell’anno scorso, con un tasso medio di crescita della propria offerta pari al 14,6% annuo. A fine 2013, in particolare, in Italia si contano 1.235 hotel brandizzati, per complessive 139.517 stanze. Di queste, circa il 41% appartiene a catene internazionali (con una media di 124 camere a hotel), mentre il restante 59% è di pertinenza di marchi italiani (106 stanze a struttura). Come è logico attendersi, poi, in entrambi i casi la dimensione degli alberghi brandizzati si rivela decisamente più ampia rispetto alla media nazionale delle strutture indipendenti, che si situa appena a quota 33 camere.
Milano e Roma, ossia i due principali centri urbani della Penisola, appaiono inoltre essere le destinazioni di elezione delle catene internazionali. Dei 61 brand non domestici presenti sul nostro territorio, in particolare, ben 46 vantano, a fine 2013, almeno una struttura in una delle due metropoli nazionali, mentre Lombardia (15%), Lazio (13%), Veneto (12%), Emilia Romagna (10%) e Toscana (8%) raccolgono quasi il 60% dell’offerta di catena complessiva. Da questi pochi numeri appare dunque evidente che la concentrazione maggiore di strutture brandizzate si situi nelle città business e d’arte della penisola, dove si trova oltre il 50% dell’offerta di catena totale, e dove più stabile si mantiene, solitamente, il livello della domanda sia corporate sia leisure.
La struttura dell’offerta alberghiera di catena italiana mostra un elevato grado di concentrazione anche se la si osserva dal punto di vista del livello dei servizi. Se così il segmento upscale conta il maggior numero di hotel brandizzati (799), pari al 15,8% della disponibilità complessiva del settore, la penetrazione maggiore degli alberghi affiliati si regista, in realtà, nel settore lusso: qui, infatti, data la ridotta dimensione dell’offerta totale, le strutture di catena (137) rappresentano ben il 28% del mercato. A fronte, infine, di una discreta presenza nel segmento midscale (262 hotel pari all’1,6% del totale), la rilevanza degli alberghi brandizzati nel comparto economy è pressoché trascurabile (nove proprietà complessive, di cui una sola appartenente a un marchio internazionale), così come quasi inesistente è l’interesse dei marchi stranieri nei confronti del segmento aparthotel (un albergo in tutta Italia), mentre un discreto numero di catene italiane è specializzato nell’offerta residence midscale. Alla luce di tali considerazioni, i 3 stelle appaiono quindi oggi il confine invalicabile oltre cui difficilmente si sposta l’offerta di catena in Italia.

Le tendenze di lungo periodo
Ma se questo è il fermo immagine del panorama alberghiero della penisola (soprattutto di catena), qual è lo scenario dinamico? Visto da una prospettiva di lungo periodo, il comparto appare sperimentare un lento, seppur costante, processo di ristrutturazione, caratterizzato, da un lato, dalla progressiva riduzione del numero di hotel e, dall’altro, dall’incremento della capacità ricettiva in termini di camere e di letti disponibili. Un’evoluzione, quest’ultima, coerente con il citato, progressivo affermarsi dell’offerta di catena nel nostro mercato. Tale fenomeno, secondo quanto riporta un recente studio Federalberghi – Ente bilaterale nazionale del settore turismo (Ebnt), con il supporto scientifico del Centri studi Cst di Assisi, affonderebbe le proprie radici profonde negli anni Ottanta del secolo scorso, quando si cominciarono a registrare le prime uscite dal mercato delle aziende di dimensioni più piccole e, al contempo, gli inizi della migrazione dell’offerta verso livelli di servizio più elevato.
Il risultato di tale lunga parabola è stato quindi un aumento delle dimensioni medie degli alberghi italiani, passate dai 37,6 letti per esercizio del 1980 ai 66,7 del 2012. Contemporaneamente si è inoltre assistito alla riduzione del numero degli hotel appartenenti alle categorie più basse, accompagnata dalla concomitante ascesa dell’offerta di livello medio-alto: se infatti, ancora nel 2000, il peso degli esercizi a 1 e 2 stelle era pari a circa la metà del totale degli alberghi italiani, dodici anni più tardi la loro incidenza si è ridotta a meno del 30%, mentre ha assunto un’importanza preponderante quella delle strutture a 3 stelle (53,5%) ed è aumentata in maniera esponenziale la presenza di alberghi a 4 e 5 stelle, il cui numero è cresciuto, nello stesso periodo, rispettivamente del 97,6% e del 200%.
Disaggregando i dati a livello territoriale si scopre, poi, come la maggior parte di letti ed esercizi continui a essere localizzata nel Nord, caratterizzato da una più antica vocazione turistica. In particolare, le regioni in cui si registra l’offerta di dimensioni maggiori sono l’Emilia Romagna (4.462 hotel e 299.969 letti), il Trentino Alto Adige (5.736; 245.704) e il Veneto (3.092; 214.270). A livello di concentrazione, invece, ossia di densità della proposta ricettiva, è il Trentino Alto Adige a staccare tutti con i suoi 18,1 posti letto per chilometro quadrato, seguito dall’Emilia (13,4) e dalla Liguria (12).
Dal punto di vista dinamico, nel periodo 2000-2012, si è tuttavia registrata anche una certa tendenza alla redistribuzione dell’offerta alberghiera nelle varie aree del Paese, con un relativo aumento dell’incidenza della proposta ricettiva delle regioni meridionali. Un notevole fermento di nuove iniziative ha dimostrato, in particolare, la Basilicata, dove il numero di letti è aumentato del 91,1% in dodici anni, ma non molto da meno sono state la Puglia (+65,6%), la Sicilia (+57,2%) e la Calabria (+56,4%). Inoltre, anche se la progressiva evoluzione dell’offerta italiana, verso un mercato caratterizzato da un minor numero di strutture dalle dimensioni più ampie, ha interessato soprattutto la parte settentrionale del Paese, il Sud rimane l’area della penisola dove gli hotel sono mediamente più grandi e di categoria superiore. Il confronto tra le regioni operato tramite un indicatore ad hoc, capace di ponderare il peso dei letti sulla base del numero delle stelle delle rispettive strutture ricettive, evidenzia infatti come il primato degli hotel di categoria più elevata spetti alla Sardegna, seguita da Puglia e Campania. Un primato, quest’ultimo, che trova la sua principale giustificazione nello sviluppo più recente dell’offerta turistica del Meridione d’Italia.

… e il 2014 si apre con il sorriso per gli alberghi della penisola
Inizia bene l’anno per il comparto ricettivo italiano: secondo i dati dell’Osservatorio Federalberghi riferiti al primo quadrimestre 2014, gli hotel della penisola avrebbero infatti visto le proprie presenzeaumentare del 2,5% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Tale andamento sarebbe soprattutto frutto dell’incremento dei pernottamenti internazionali(+4,2%), il cui trend di crescita durerebbe ormai da qualche anno, tanto che nel 2013 le presenze straniere avrebbero superato, in valore assoluto, quelle generate dal mercato domestico. Dopo anni di cali continui, tuttavia, i primi quattro mesi del 2014 avrebbero registrato pure un lieve incremento delle presenze italiane (1%). Ciononostante, gli indici di reddittività delle imprese alberghiere, sostiene sempre Federalberghi, sarebbero tuttora saldamente attestati sotto i livelli pre-crisi del 2007.

Testo di Massimiliano Sarti, Mission n.4, giugno-luglio 2014

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