Verso il mobility management

C’erano una volta i voli in classe business, i soggiorni negli hotel di lusso, le prenotazioni all’ultimo minuto. C’erano una volta, ma non ci sono più, o quasi. Negli ultimi anni le aziende italiane, impegnate a ridurre i costi generati dalle attività “non core” per far fronte alla crisi economica, hanno mutato anche il modo di viaggiare per lavoro, introducendo nelle travel policy regole sempre più rigide e orientate al saving. Il risultato? Ce lo illustra l’ultima edizione della Business Travel Survey di Uvet American Express, secondo la quale nel 2013 le aziende, alla ricerca di nuovi mercati in cui espandere il proprio business, hanno viaggiato di più (il numero delle trasferte è aumentato del 5,6%), ma spendendo meno: il costo medio per trasferta è infatti diminuito di ben 6 punti percentuali (in media 16 euro).
Questo calo è riconducibile a numerosi fattori: da un lato, infatti, i travel manager puntano ancor più che in passato sulla negoziazione con i fornitori per “strappare” tariffe vantaggiose. Dall’altro, le travel policy cercano di incentivare nei business traveller l’adozione di comportamenti “virtuosi” (primo fra tutti l’advance booking, ovvero la prenotazione anticipata per usufruire di tariffe aeree scontate). Infine, si predilige la prenotazione di servizi che impattano meno sui costi di viaggio: gli ultimi dati diffusi dalla società di carte di credito AirPlus International, relativi alle transazioni effettuate dalle sue aziende clienti, evidenziano ad esempio come ormai i viaggiatori d’affari italiani volino quasi esclusivamente in classe economy (94,1%, contro il 5,6% della classe business e lo 0,3% della first class). Inoltre, da quando è stata introdotta anche nel nostro Paese l’Alta Velocità ferroviaria, è in deciso aumento l’utilizzo del treno, a discapito dell’aereo: il numero dei voli acquistati lo scorso anno è sceso di ben il 5,4%, mentre quello dei ticket ferroviari ha segnato un incremento del 4,6%. E non è tutto: si registra un crescente successo dei voli low cost, che pur essendo ancora utilizzati dalle aziende in quantità minore rispetto a quelli di linea, nel 2013 hanno rappresentato circa il 18% sul totale del volato, un dato in crescita rispetto al 16% dell’anno precedente e al 14% del 2011. Questa tendenza al risparmio riguarda anche i soggiorni alberghieri: le aziende hanno messo in atto già da alcuni anni un “downgrading” nella scelta degli hotel, grazie alla discreta offerta qualitativa che oggi molte strutture a 3 stelle propongono, sul mercato nazionale e all’estero.
L’esigenza di ridurre i costi di viaggio ha causato, negli ultimi anni, anche un maggiore ricorso alla tecnologia da parte delle aziende: si sono diffusi, ad esempio, i sistemi di tele e videoconferenza, adottati, più che per sostituire gli incontri con la clientela, per tagliare le spese generate da meeting interni e spostamenti tra le diverse sedi aziendali. È cresciuto, inoltre, l’uso di tool che automatizzano tutte le fasi di processo della trasferta, dall’approvazione del viaggio, alla prenotazione, fino alla compilazione delle note spese e all’analisi dei dati di spesa. Una tendenza, questa, che ha una diffusione globale: un’indagine del network internazionale di agenzie di viaggio Radius, realizzata interpellando 287 responsabili viaggi in 33 Paesi del mondo, ha rilevato infatti che entro il 2017 acquisiranno crescente importanza le soluzioni “end to end”, che automatizzano l’intero processo relativo alle trasferte (segnalati dal 65% del campione), i tool di reportistica (60%) e i dispositivi mobili (60%).

Un ruolo sempre più strategico
Questo focus sul risparmio non poteva non avere un impatto rilevante sull’attività dei travel manager, che oggi sono chiamati a estendere il governo dei viaggi d’affari non più solo a voli e alberghi, ma alla totalità delle voci che concorrono a generare una trasferta (taxi, ristoranti, Telepass ecc.): voci di spesa fino ad oggi non adeguatamente presidiate, ma che secondo una rilevazione della travel management company BCD Travel arrivano a pesare sui costi di viaggio fino al 35%. Questa tendenza comporta per i travel manager la necessità di migliorare costantemente la propria conoscenza del mercato, in modo da cogliere in maniera tempestiva tutte le possibili opportunità di saving, ma anche di disporre di dati completi e attendibili per poter condurre un’analisi approfondita di costi e processi. Inoltre, diviene importante (e talvolta arduo) il compito di conciliare la soddisfazione del cliente interno (il viaggiatore) con le esigenze di risparmio imposte dall’azienda. Infine, i responsabili viaggi devono ormai essere dotati di competenze tecnologiche, indispensabili per supervisionare i sistemi di gestione delle trasferte introdotti in azienda. Questa competenza si estende anche ai dispositivi mobili, sempre più frequentemente utilizzati dai dipendenti in trasferta: secondo una recente indagine del CWT Travel Management Institute, in media il 62% dei viaggiatori possiede uno smartphone aziendale e il 56% delle imprese ha già, o intende avviare, la politica del Bring your own device(che consente, cioè, ai dipendenti di utilizzare i propri dispositivi personali). A livello globale, i travel manager ritengono che l’impatto potenziale del mobile sul travel management sia elevato, attribuendo un punteggio pari a 6,8 su una scala da 1 a 10. La ricerca, tra l’altro, stima che le prenotazioni via mobile sono destinate a raggiungere entro il 2017 il 25% del totale delle transazioni effettuate online.

E in futuro? Il ruolo del travel manager potrebbe evolversi in quello, ancora più strategico, del mobility manager, una figura introdotta in Italia dal Decreto Ministeriale Ronchi del 27 marzo 1998 e incaricata delle gestione tutti gli ambiti connessi alla mobilità aziendale: i viaggi di lavoro, ma anche il parco auto e gli spostamenti casa-lavoro del personale, in un’ottica non solo di ottimizzazione dei costi, ma anche di riduzione dell’impatto ambientale. Nel 2013, il Barometro dei veicoli aziendali realizzato dalla società Arval segnalava che questa figura è ormai già presente nel 65% delle imprese con oltre 100 dipendenti e nel 75% di quelle con più di mille dipendenti. La ragionedi questo trend è facilmente intuibile: dalla gestione unica, infatti, può scaturire un miglior governo dei processi interni, con conseguente risparmio dei costi.
Per i responsabili viaggi, questa evoluzione comporterà una nuova sfida: imparare ad adottare un approccio “olistico”, basato cioè sulla gestione interdisciplinare e globale dei differenti ambiti e sull’identificazione delle relazioni e delle possibili economie (di scala, di efficienza ecc.).

Testo di Arianna De Nittis, Mission n.6, ottobre 2014

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