Un giorno non vicino, qualcuno mi auguro italiano, potrà orgogliosamente essere utile nel mondo per supportare il buon funzionamento e il miglior utilizzo, godereccio, emozionante, con dovuti racconti storici a corredo, delle prime Ferrari elettriche.
Ci saranno auto volanti in giro al tempo e il Cavallino, allora sì che potrebbe volare come era in principio, nelle sue origini storiche, posseduto dall’audace aviatore che indirettamente lo passò a Ferrari.
Passato o futuro, in ogni caso, alla base ci devono essere traguardi non comuni, per veicoli non comuni, elementi tecnici unici, voglio sperare per chi ha scelto questa strada: come dovuto a ogni vero Ferro, da sempre.
Se così non sarà, potrebbero aver ragione i critici ma al momento, poco da dire di concreto sulla detta vettura, prima Bev prodotta a Maranello e le successive, del filone.
I troppi post social con aria fritta, a nulla servono nella storia del Cavallino e dei ferraristi (owners & drivers) se non, forse, a rinvigorire la quotazioni della povera Mondial che resta primo “sogno” realizzabile da chi vuole una Ferrari usata. Nuove sono per pochi in Italia oggi, troppo pochi e a vedere, persino immatricolate true-fleets: il 54,5% delle 296 GTS e il 47% delle Roma.
Ecco: se non fa sognare la massa non è un Ferro, se sanno in troppi metterci le mani, sfruttarla a pieno senza stressarsi o emozionarsi, non è un Ferro. Indipendentemente da segmento e teorico utilizzo, cilindri o batterie.