business travel alla fase 2

Business travel alla fase 2: Gbta Italia traccia lo scenario

Il business travel alla fase 2 fa i conti con la mancanza di regole per aeroporti e linee aeree, oltre che con il cambio di modello di remunerazione per le Tmc. Il panel di Gbta Italia svoltosi giovedì 30 aprile ha affrontato queste tematiche con il professor Andrea Giuricin, docente all’Università di Milano Bicocca ed analista di trasporti, il country manager di Emirates in Italia Flavio Ghringhelli, il managing director di Hrs Italia Luca De Angelis e l’omologo di Bcd Travel Italy Davide Rosi.

Il contesto globale, e soprattutto in Europa, è quello che tutti ormai conosciamo: oltre il 90% di voli a terra, l’hospitality pressoché in linea, i viaggi d’affari cancellati con qualche timido segnale di ripresa. Infatti, un recente studio internazionale di Gbta mostra che, su 1600 imprese intervistate, una su tre conta di riprendere a far viaggiare i dipendenti entro i prossimi tre mesi. E’ il sesto sondaggio dell’associazione tra i suoi membri, svolto nella settimana del 17-22 aprile 2020.

Dal panel di Gbta Italia emergono queste criticità:

  • L’assenza di norme univoche – almeno europee – ritardano la ripresa dei voli;
  • La contrattazione alberghiera è tutta da riscrivere;
  • Chi remunera le TMC?
  • I molti cambiamenti (= investimenti colossali) sono a medio o a lungo termine oppure per sempre?
  • Quali aziende sopravviveranno con tre mesi di ricavi a zero? Sempre rimangano solo 3.

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Andrea Giuricin, Luca De Angelis, Flavio Ghiringhelli, Davide Rosi

Business travel 2020: dimezzato il volume

«Il business travel faceva numeri incredibili, cioè 1,5 trilioni di dollari, e nel 2020 rischia di essere dimezzato. Se la ri-partenza dopo il lockdown da Coronavirus nel mondo asiatico si sta verificando piuttosto veloce, in Europa è più difficile comprenderne le tempistiche», esordisce Andrea Giuricin.

In Cina, che è la nazione più avanti di tutte rispetto all’allentamento del lockdown, il traffico aereo domestico è tornato al 35% del consueto volume. I voli internazionali sono inesistenti.

Cosa frena le compagnie aeree dal ripristinare i collegamenti aerei di lungo raggio?

Al netto della domanda praticamente inesistente per via delle restrizioni di viaggio imposte dai governi nella più parte del globo, la mancanza di regole uniformi e ufficiali per la frequentazione di aeroporti e per salire a bordo degli aerei è il nodo critico dell’operatività.

Di fatto le compagnie aeree non possono sopravvivere con le attuali regolamentazioni temporanee, del distanziamento a bordo.

Infatti, dalla riunione della settimana scorsa tra Enac e tutte le associazioni del comparto è emerso che la richiesta unanime è di individuare misure alternative come mascherine e sanificazione degli aeromobili. Invece che lasciare libero un posto tra un passeggero e l’altro. Il gruppo Lufthansa ha già detto che obbligando ad indossare i dispositivi si manleva dall’osservare il consiglio del distanziamento (leggilo qui).

Spiega Giuricin: « Se aumentiamo lo spazio tra le persone con un posto su tre libero, il costo per posto-chilometro aumenta di molto. E con un load factor del 66% nessuna compagnia è profittevole, nemmeno quelle più efficienti. Non potrà esserci un business model come prima. In Cina sui voli domestici non viene osservato il social distancing».

Trasporto aereo dopo il Coronavirus

Il trasporto aereo, dunque, attende indicazioni chiare che finora nessun Paese ed ente governativo ha stabilito. Eppure è anche l’industry tra le più dotate di tecnologie che purificano l’aria a bordo dei velivoli al pari delle sale operatorie. «Il successo della ri-partenza dipende dalle misure che verranno adottate – conclude Giuricin – e dai controlli, come prendere la temperatura ai passeggeri. I potenti filtri Hepa che l’aviazione impiega potrebbero essere adottati anche sui treni».

Emirates ha fatto notizia con i test sierologici rapidi effettuati ai passeggeri all’aeroporto di Dubai.

«L’esperimento è stato condotto per misurare il tempo necessario – spiega Flavio Ghiringhelli –. I test sono stati eseguiti dall’autorità sanitaria di Dubai al terminal 3 e per ogni passeggero occorrono 10 minuti. Siamo la prima compagnia al mondo a farlo ed è una valutazione. Ci stiamo chiedendo se erogare il servizio e se ampliarlo ad altri scali».

Va da sé che con eventuali misure anti Covid10 di questo tipo, le aerolinee si trovano a pianificare una trasformazione costosa oltre che epocale.

«Stiamo cercando di prepararci per affrontare nuove sfide di un mondo completamente cambiato – continua il manager –: durante le attività di rimpatrio abbiamo cambiato la configurazione della cabina. La prima classe è servita all’equipaggio per cambiarsi. Nelle business ed economy abbiamo lasciato il posto accanto ad ogni passeggero libero. In questo modo, il load factor varia tra 60 e 70%. Il che non copre i costi di gestione degli aeromobili».

I voli di lungo raggiodall’Italia dal 1° luglio

Quando riprenderanno i voli per l’Italia? Ghiringhelli spiega che il primo orizzonte previsto è di una parziale ripresa dal 1° luglio. «Non è però una data ufficiale poiché le regole Enac e degli aeroporti non sono definite», sottolinea.

Le domande che i vettori si pongono sono determinate da un’attività complessa, propria di un network di lungo raggio con feederaggi, coincidenze, tipologie di flotta. Ogni cambiamento di procedure, dall’aeroporto alle operazioni di volo, incide sul sistema.

Un tecnicismo: i tempi di turn around degli aerei, cioè tra quando atterrano e ripartono con nuovi equipaggi e clienti, rappresentano una variante cruciale. Soprattutto se si tratta di un A380 da 550 passeggeri come Emirates ne utilizza in numero massiccio. Normalmente occorrono circa 120 minuti. Calcolare quanti ne saranno necessari secondo nuove norme determinerà i nuovi schedules.

Ghringhelli: «Le aziende ci chiedono quando ripartiremo perché lo smart working non risolve tutte le condizioni lavorative e hanno bisogno di tornare a viaggiare: per noi è una priorità rispondere a queste esigenze, tuttavia la scarsità della domanda potrebbe implicare l’incremento dei costi dovuto alla diminuzione delle compagnie aeree in grado di sostenere la trasformazione. Credo che andranno ri-allocati i budget delle trasferte d’affari».

Viaggi di lavoro internazionali

Incalza Giuricin: «E’ un grande punto interrogativo. Quali viaggi internazionali potremo fare? Sappiamo che in Italia si possono effettuare viaggi di lavoro per 72 ore più altre 48 (leggilo qui), ma le regole dovrebbero essere omogenee almeno in tutta Europa perché il trasporto aereo non può operare in contesti normativi differenti tra le nazioni. Nei paesi asiatici si è “azzerato” il virus e si è ripartiti».

In Cina riparte la domanda di viaggi

I dati delle prenotazioni alberghiere di Hrs in Cina mostrano che l’87% delle strutture sta accogliendo i primi viaggiatori d’affari. «In media registriamo un 40% di occupazione e di soli viaggi domestici», precisa Luca de Angelis. La metà delle prenotazioni viene effettuata da 1 a 3 giorni prima, una finestra di booking “stretta”.

«Se volessimo trasportare in Italia quanto accade in Cina, noteremmo grandi differenze di comportamento tra i settori merceologici per effetto delle differenti ordinanze negli Stati – argomenta il professionista -. Ed è fondamentale sottolineare che mentre in Cina c’è domanda di viaggio, in Italia dobbiamo ancora conquistare la fiducia dei consumatori».

Business travel alla fase 2, un nuovo customer journey

De Angelis riflette su come cambierà il customer journey.

«Si dovrà ripartire dalla travel policy: prima era sfidante avere una piena compliance e sappiamo che negli Stati Uniti solo il 50% era tale –continua -. Credo che le nuove policy dovranno avere al centro il duty of care. Con scelte che saranno incentrate sugli standard di sicurezza come check in digitali, per non stare molto tempo in attesa alla reception. Le strutture stanno organizzandosi sui nuovi bisogni e saranno necessari forti investimenti. Gli hotel dovranno riconfigurarsi in nuovi spazi. Seconda sfida: rivedere l’organizzazione del personale. Infine, fare un upgrade di tutti i servizi digital. Compresi naturalmente i pagamenti elettronici. Non tutti saranno pronti a fare questo passo».

Approfondisci qui sulla travel policy: 5 consigli per renderla più efficace.

Tariffe alberghiere dopo il Coronavirus

Sul pricing alberghiero si aprono altre domande.

De Angelis: «Rispetto alla decrescita del prezzo (con un calo del Revpar del 50%) avremo un rimbalzo medio del 15% per un nuovo tipo di offerta che sarà necessaria. E ad essa si aggiungeranno altri servizi, ad esempio i transfer privati da hotel ad aeroporto. Con altri costi. Il duty of care abbraccerà tutta la customer journey: dalla contrattazione fino agli elementi aggiuntivi per rendere più semplice sicura e touchless l’esperienza di acquisto di un soggiorno alberghiero».

In tutto questo, anche il revenue management cambierà, sia per gli hotel sia per gli aerei. Ma anche le contrattazioni con le aziende non potranno fondarsi sugli storici: i benchmark non sono più validi. Le tecnologie di prenotazione come Hrs dovranno essere aggiornate con i nuovi servizi che gli alberghi implementeranno.

Per De Angelis uno scenario verosimile è quello in cui il business in generale troverà un riassestamento nel secondo trimestre 2021. «Dovremo convivere con diversi scenari. E quello della sanità pubblica vivrà onde diverse. Sulle strutture alberghiere l’Oms ha dato linee guida ben chiare su come soggiornare. Che dovremo aggiornare costantemente».

TMC, cambio del modello di business

Non prevede la ripresa della filiera del business travel per maggio Davide Rosi. «Perciò tre mesi di ricavi zero avranno un impatto sulle economie delle aziende. Senza contare che Il mondo non tornerà più quello di prima», esordisce il managing director di Bcd Travel Italy.

Quando torneremo ad una sorta di normalità?

Risponde: «Tra 2 anni difficilmente torneremo all’80% del pre covid19 a causa dei problemi della capacità di spesa della domanda. Tutte le aziende hanno accusato un impatto gravissimo e attivato misure di solidarietà. Questo porta alla riduzione della spesa per i viaggi. Aggiungiamo l’impatto finanziario: la ri-partenza sarà più critica per le filiere con cash flow negativo, che devono ricostituire capitale circolante. Le Tmc sono tra queste. Inoltre, per sostenere tre mesi (se rimarranno solo tre) di impatto negativo di questo tipo occorre essere un’azienda con bilanci sani e riserve. Infine, il modello di business che avevamo nel travel difficilmente sarà sostenibile nel futuro: se le compagnie aeree non remunerano più le Tmc, queste dovranno impostare un nuovo meccanismo: mark up, fee, altro? E i contratti di incentivazione con i target non raggiunti?».

Molte le domande ancora aperte e quella più preoccupante deve ancora venire.

Conclude Rosi: «Un tema mi sfugge: ci concentriamo sulla riapertura e sulle misure di contenimento da attuare. Ma è una situazione a breve o a lungo termine? Dobbiamo convivere con l’epidemia? Perché cambieranno di molto le valutazioni se dobbiamo approntare a breve o a lungo termine iniziative di controllo dei contagi. Come è stato detto, load factor inferiori dell’80% non tengono in piedi né una compagnia aerea né un hotel. Se sono modifiche strutturali, quelle con le quali dovremo convivere per sempre, cambieranno le strutture e non solo i modelli di remunerazione».

Leggi qui di un altro panel di Gbta Italia.

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