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La mobilità aziendale nuova leva strategica verso i dipendenti: i dati dell’ultimo studio

L'Employee Mobility Survey suona l'allarme per i manager: la mobilità aziendale non come benefit, ma asset cruciale per i dipendenti

L’Employee Mobility Survey 2024, uno studio indipendente messo a punto da Arval Mobility Observatory in collaborazione con Ipsos, suona un campanello d’allarme per il management: la mobilità aziendale non va pensata più come un benefit, ma piuttosto come un asset strategico cruciale per la soddisfazione e per la fidelizzazione dei dipendenti oltre che per l’attrazione dei talenti.

Stabilità nel Remote working, ma più tempo per gli spostamenti

Secondo l’indagine, si sta assistendo a un paradosso nel lavoro ibrido europeo: mentre il remote working si è stabilizzato al 60% della forza lavoro, con una media di 1,7 giorni in remoto, i tempi di pendolarismo stanno peggiorando.

Nonostante le distanze casa-lavoro siano rimaste costanti (il 59% dei lavoratori è entro i 20 km), il 42% dei dipendenti ora impiega oltre mezz’ora per raggiungere l’ufficio, con un notevole aumento di 4 punti percentuali dal 2022. L’incremento del tempo speso nel commuting rivela crescenti inefficienze e una maggiore pressione sui dipendenti, che l’adozione del lavoro remoto non è riuscita a compensare, con la sola eccezione della Francia che ha visto crescere entrambi i parametri.

Viaggi d’affari meno frequenti, l’auto migliore alleata

L’auto mantiene la sua posizione dominante nel panorama della mobilità aziendale. L’utilizzo dell’auto individuale per il pendolarismo resta stabile al 71%, e anche per i viaggi di lavoro è il mezzo preferito dal 70% dei dipendenti (sommando auto individuali 47% e condivise 23%), distanziando nettamente treni (32%) e aerei (29%).

Tuttavia, si registra un calo significativo nella frequenza dei viaggi d’affari: solo il 10% dei dipendenti si sposta per lavoro almeno una volta alla settimana, in forte riduzione rispetto al 16% del 2022. I Paesi che guidano questa tendenza alla diminuzione sono la Francia e il Belgio, che registrano entrambi un calo di 8 punti percentuali nel numero di dipendenti che effettuano viaggi di lavoro.

Il calo dei viaggi d’affari frequenti e la persistenza dell’auto per il pendolarismo suggeriscono che le aziende debbano orientare le loro flotte e i loro benefit verso modelli più flessibili e orientati allo spostamento quotidiano sostenibile, piuttosto che concentrarsi unicamente sulla lunga percorrenza.

La mobilità come soddisfazione e vantaggio competitivo

Nonostante il dominio dell’auto, l’uso dei servizi di mobilità alternativa messi a disposizione dalle aziende è in forte crescita, coinvolgendo quasi l’80% dei dipendenti. Le aziende stanno investendo in queste opzioni: il 65% delle imprese ne offre ora almeno una, con un aumento del 10% (+6 punti) dal 2022. Sebbene Paesi come Germania, Francia e Paesi Bassi stiano recuperando terreno rispetto al Belgio, Spagna e Italia mostrano ancora un ritardo in questo ambito.

Questo ampliamento dell’offerta aziendale ha un impatto diretto sulla employee satisfaction con una soddisfazione complessiva sale al 50% dei dipendenti, in aumento dell’11% rispetto al 2022. I più marcati si osservano dove gli investimenti sono stati maggiori, come in Francia (+12 punti, al 54%), Belgio (+12 punti, al 63%) e Paesi Bassi (+11 punti, al 74%).

Il dato più rilevante per le direzioni HR e per il management è la forte correlazione tra l’offerta di mobilità aziendale e il talent retention. Le aziende che oggi investono in un robusto pacchetto di mobilità alternativo – dai benefit per i trasporti pubblici ai servizi di car sharing aziendale – stanno infatti utilizzando la mobilità come un fattore differenziante chiave in un mercato del lavoro sempre più competitivo.

Come sottolinea Oana Duma, Head of Arval Mobility Observatory, “Investire in soluzioni di mobilità è un passo decisivo verso la fidelizzazione di una forza lavoro soddisfatta e per assicurarsi un vantaggio competitivo nell’attrazione di talenti.”

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