Pneumatici, perché vanno “etichettati”

Sembra banale dirlo, ma in tutti i ragionamenti che si fanno attorno all’autoaziendale spesso ci si dimentica che l’unico punto di contatto tra l’auto e il terreno sono “quelle quattro ciambelle nere” attraverso le quali i concetti di prestazione, economicità, sicurezza e sostenibilità si traducono in pratica: senza una manutenzione efficiente degli pneumatici, le prestazioni che ci si aspettano dall’auto non possono venire raggiunte, la sicurezza viene messa in pericolo, i costi di esercizio e le emissioni nocive aumentano a causa del maggior consumo di carburante.

Il consumo di carburante connesso ai pneumatici
Sulla base dei dati diffusi da Michelin, in media gli pneumatici consumano il 20% del carburante immesso nel serbatoio, ossia l’energia di un pieno ogni cinque viene dispersa dagli pneumatici che, infatti, dopo l’uso sono caldi: questo calore rappresenta l’energia dispersa durante il rotolamento a causa della resistenza al manto stradale. Si tratta di una percentuale notevole.

Quanto costano le gomme
Al costo del carburante va poi aggiunto quello degli pneumatici stessi che, all’interno di un contratto di Nlt (noleggio a lungo termine) può pesare per diverse centinaia di euro all’anno, fino a superare i 1000 euro in caso di gomme termiche per misure extra-large (come quelle dei suv o delle grosse berline di lusso), specie se le percorrenze sono alte e il numero di gomme in contratto è limitato: in tal caso faremmo i conti con dei costi extra contratto non previsti.
Spesso i fleet manager non dedicano molta attenzione a questo componente importante del Tco (total cost of ownership) della flotta, che ha riflessi su altri due aspetti fondamentali: la sicurezza (ricordiamo che l’auto è anche un “luogo di lavoro” secondo la disciplina che regola la materia) e l’ecologia.
Per fortuna la legislazione europea sull’etichettatura, approvata oltre un anno fa, ma che entrerà in vigore nel 2012, quando saranno ultimati i lavori di definizione degli standard previsti, ci offre l’opportunità di focalizzare l’attenzione sugli pneumatici e di evidenziare la loro importanza all’interno degli elementi che il fleet manager dovrebbe mettere nel suo cruscotto di controllo.

Il regolamento europeo
Il regolamento n. 1222/2009 approvato dal Parlamento Europeo il 25 novembre 2009 ha lo scopo di stabilire e rendere obbligatoria la comunicazione degli standard di classificazione di alcune prestazioni considerate fondamentali: l’aderenza sul bagnato, la resistenza al rotolamento e il rumore esterno di rotolamento (misurato in decibel). L’obiettivo dell’Ue è quello di migliorare sia la sicurezza che la sostenibilità ambientale, in quanto le ultime due caratteristiche citate influiscono sull’inquinamento dell’aria (attraverso il consumo di carburante) e su quello acustico.
Per comprendere la portata di questa innovazione, possiamo citare quanto riferito da http://www.gommeblog.it, uno dei siti specializzati sull’argomento, secondo il quale il 30% degli pneumatici attualmente commercializzati non potrà essere venduto nel 2012, in base ai requisiti minimi che dovranno essere rispettati. Inoltre, siccome le norme prevedono un progressivo aumento dei requisiti da rispettare, si prevede che ben il 70% degli pneumatici attualmente in vendita non potranno esserlo nel 2016.

Questione di etichetta
Nella tabella che accompagna questo articolo sono sinteticamente riportate le principali informazioni riguardo all’etichetta e alle relative esclusioni, previste per categorie e tipologie di pneumatici speciali (come quelli per auto d’epoca, ad esempio). Il regolamento riguarda gli pneumatici di classe C1 (autovetture), C2 (trasposto leggero) e C3 (autocarri), con alcune differenze: per la classe C3 non è prevista l’etichetta adesiva sullo pneumatico, ma le prestazioni dovranno comunque essere chiaramente riportate su tutta la documentazione che accompagna lo pneumatico e cioè sulla fattura, sulla documentazione tecnica e su quella promozionale e di vendita, inclusi i siti Internet del produttore e dei venditori.
La responsabilità primaria per il rispetto della normativa è in capo ai produttori, che devono offrire la garanzia dei parametri indicati.
Il tempo richiesto tra l’approvazione della legge e la sua applicazione è necessario per l’effettuazione dei test e per l’attribuzione dei valori standard alle lettere (da A a G) che rappresentano le scale di classificazione per il consumo di carburante e l’aderenza al bagnato. Una volta completato questo percorso e attribuiti a ogni pneumatico i suoi valori di riferimento, il consumatore, il driver e il fleet manager potranno finalmente confrontare con facilità i diversi prodotti.
Va detto. comunque, che non esiste sul mercato uno pneumatico superiore agli altri in tutte le caratteristiche importanti che si possono misurare e il risultato finale in termini di prestazioni globali deve essere necessariamente frutto di un compromesso: è abbastanza facile migliorare una singola prestazione a scapito delle altre, mentre il miglioramento costante delle prestazioni in un contesto di equilibrio deriva necessariamente da investimenti continui nella ricerca. Inoltre, è auspicabile che in futuro nell’etichetta vengano compresi altri parametri importanti, come per esempio la durata chilometrica, per poter determinare il Tco globale degli pneumatici.
Insomma, l’etichettatura degli pneumatici non chiude l’argomento della comparazione delle prestazioni, ma è un primo importante passo di un cammino che si annuncia lungo e non semplice. Tuttavia, grazie all’etichetta finalmente si potranno sfatare o confermare miti e credenze su marche e sottomarche (quelle asiatiche per esempio) e depurare la valutazione oggettiva degli pneumatici dall’effetto della pubblicità e della notorietà dei produttori.

Pneumatici e flotta aziendale
Per i fleet manager sarà finalmente l’occasione di avvicinarsi all’argomento e non vi è dubbio che saranno sollecitati a farlo dai driver più attenti, che a loro volta potranno valutare le prestazioni delle gomme di prima installazione e di quelle successive, rilevando eventuali differenze. È abbastanza facile prevedere che si aprirà presto un fronte di discussione con i noleggiatori, che dovranno probabilmente dettagliare in maniera più chiara la valutazione di questo componente del canone e rivedere le classificazioni “interne” (per esempio: fascia base, intermedia e premium) che attualmente usano con i clienti, presumibilmente basate sullo sconto di cui il noleggiatore gode oltre che sulla qualità del prodotto.
In considerazione dei costi diretti e indiretti dello pneumatico, della sua importanza per la sicurezza e per le prestazioni complessive del veicolo, nonché per la sua complessità intrinseca (è composto da centinaia di elementi e da una scultura studiata in maniera scientifica), pare opportuno che il fleet manager non ne lasci la scelta totalmente nelle mani del noleggiatore, ma contribuisca in maniera più efficace a sviluppare una selezione consapevole dei prodotti, cominciando a studiarne i principali aspetti tecnico-funzionali e a misurarne il potenziale in termini di sicurezza e costo. In questo modo il fleet manager potrà orientarsi verso quei produttori che danno più informazioni, che sono più trasparenti anche in relazione alle prestazioni non ancora evidenziate dall’etichetta, mettendo a disposizione del consumatore e dell’utilizzatore professionale test indipendenti e comparativi, effettuati dai principali istituti tecnici.

I pneumatici invernali
Un ruolo sempre più attivo è richiesto al fleet manager soprattutto nei confronti degli utilizzatori, con raccomandazioni e informazioni costanti e adeguate. A questo proposito, una delle vicende più note riguarda gli pneumatici invernali, ormai da includere in ogni contratto di noleggio e diventati obbligatori in alcune aree geografiche. Lo pneumatico invernale andrebbe montato ai primi di novembre e usato fino a fine marzo. Una “regoletta” che può aiutare il driver recita così: ora solare pneumatico invernale, ora legale pneumatico estivo. Nonostante il gran parlare che se n’è fatto lo scorso anno, anche quest’anno ci sono stati grossi problemi causati da produzioni non sufficienti e ritardi dei driver nella prenotazione delle gomme invernali (specie per le solite misure “larghe” o ribassate la cui prenotazione è da considerare assolutamente obbligatoria): in futuro non ci potremo più aspettare di poterci recare dal gommista durante la prima nevicata e pretendere il cambio immediato con gomme invernali, disponibili in casa. Il fleet manager, in questo caso, per non compromettere la sicurezza dei driver e per evitare stress e perdite di tempo, dovrebbe cominciare per tempo una campagna informativa interna, magari in collaborazione col noleggiatore, che può spingersi anche ad una prenotazione centralizzata delle sostituzioni. Anche per evitare le speculazioni (che paga il noleggiatore, ma che poi si rifletteranno sui canoni futuri) e l’installazione di prodotti non del tutto adeguati o di rimanenze di magazzino, ovvero che riportino un codice DOT vecchio (formato di quattro cifre che rappresentano la settimana e l’anno di produzione e sono stampate sullo pneumatico: per esempio “1110” significa che lo pneumatico è stato fabbricato nell’undicesima settimana del 2010).
È prevedibile altresì che in previsione dell’entrata in vigore dell’etichetta la produzione di pneumatici sarà attentamente pianificata in base alle esigenze previste e alle prenotazioni ricevute e che, di conseguenza, si potranno verificare due fenomeni: carenza di prodotto e necessità di “smaltire” i prodotti obsoleti. Toccherà al fleet manager, aiutato dai suoi driver e dai noleggiatori, vigilare perché la sua flotta non risenta di queste circostanze, ma adotti per tempo pneumatici certificati.

 

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