La Ipo di Ferrari e la querelle Apple/Tesla agitano Wall Street

Alla finanza torna a piacere  il mondo dell’automotive.  Ma che sia green, e in questo caso il dieselgate non ha nulla a che vedere, e il lusso. Che, nello specifico, si colora di rosso con la quotazione a Wall Street della Ferrari.

Ormai sul Cavallino il dado è tratto; si colloca, come informa la nota della società alla Sec (leggila qui), il 9% del capitale, con un prezzo inizialmente previsto tra una forbice attorno ai 50 dollari. Il che vuol dire una valorizzazione per la casa di Maranello di 10 miliardi circa. Peanuts, direbbero appunto gli statunitensi, se paragonati con la Tesla, la parte green di cui sopra, che oggi a Wall Street vale 29 miliardi di dollari. Malgrado perda denaro ogni giorno e non consegnerà che 50 mila auto quest’anno. Molte di più della Ferrari, certamente, ma la casa del Cavallino Rampante chiude invece da anni i bilanci  in attivo, con utili per gli azionisti. Sarà forse per questo, oltre che per il blasone del brand (nonostante non appaia nella classifica dei marchi di Interbrand a maggior valore, leggi qui) , che  i multipli per la sua quotazione siano più vicini alle case di moda che al mondo automotive, ovvero circa 10 volte l’ebitda , rispetto a una Porsche che fu valutata 5 volte il margine operativo lordo  (leggi: L’Ipo Ferrari libera risorse per il gruppo Fca).

Il ceo di Tesla, Elon Musk, invece, di cui parliamo spesso (clicca qui) serra i ranghi per, finalmente, portare la sua azienda in nero. Azienda minacciata dai piani automotive di Apple che starebbe facendo man bassa di ingegneri, come abbiamo scritto su queste colonne, vedi Apple e Google in cerca di alleanze nel mondo automotive) . Minaccia che il ceo di Tesla rigetta sdegnato attaccando a sua volta l’azienda della Mela Morsicata. In un’intervista rilasciata al quotidiano tedesco Handelsblatt Musk  afferma che gli ingegneri che stanno facendo il percorso da Palo Alto, sede della Tesla, a Cupertino sono “persone licenziate da noi. Scherzosamente, chiamiamo Apple il cimitero di Tesla: se non ce la fai qui, vai da loro. Non sto scherzando”. Perché fare auto non è come costruire telefonini o smartwatch, “non si può semplicemente andare da un fornitore quale Foxconn e chiedergli di costruirne una”.

Ma l’attacco di Musk ad Apple sarebbe anche un modo di mettersi in trincea contro la possibile scalata della società di Tim Cook su Tesla, soggetto finanziariamente non dei più solidi visto che il business non è ancora decollato. Un modo che la società di Cupertino, una delle più liquide al mondo, potrebbe decidere di mettere in atto, anche se non è nelle sue corde acquistare società già strutturate, per accelerare sul progetto Titan, che dovrebbe portare alla realizzazione di un veicolo elettrico-autonomo fra il 2019 e il 2020.

Tra il rosso, Ferrari, e il Green, Tesla, ma anche Apple, ne vedremo delle belle a Wall Street. E sulle strade di tutto il mondo…

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