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Gli effetti sul business travel delle proteste a Hong Kong

Le proteste a Hong Kong continuano e mostrano i primi riflessi nel business travel. Da parte di Acte, Association of corporate travel executives, viene la cancellazione del Summit di Macau che avrebbe dovuto svolgersi nei giorni 26 e 27 agosto.

Ma non è tutto, le pacifiche manifestazioni dei cittadini di Hong Kong, che hanno raggiunto momenti di tensioni a causa dell’intervento delle forze di polizia cinesi, stanno muovendo decisioni aziendali influenzate dalla politica. Venerdì scorso, infatti, Cathay Pacific ha annunciato le dimissioni del Ceo e del direttore commerciale. Vediamo con ordine gli eventi.

Il vertice di una delle associazioni più influenti del business travel è stato annullato “dopo molte discussioni”, recita una nota ufficiale che potete leggere in inglese a questo link.

“Come membri della comunità globale dei viaggi aziendali prendiamo molto seriamente il duty of care e con molti dei nostri partecipanti, sponsor, fornitori e personale abbiamo programmato di annullare l’evento, siamo preoccupati che i disordini civili in corso nella città rappresentino un rischio per la loro sicurezza”, spiega la comunicazione di Acte.

Proteste a Hong Kong, perché Acte ha cancellato il congresso

E’ stata fatta un’attenta valutazione di tutte le informazioni disponibili per giungere a questa decisione. Come noto, le manifestazioni vanno avanti da due mesi e mezzo. Lo scorso fine settimana era l’undicesimo weekend di dissenso contro la volontà di controllo del Governo di Pechino nei confronti della città-stato. Ricordiamo che Hong Kong è passata da protettorato inglese a regione amministrativa cinese nel 1997.

Ma perché si protesta a Hong Kong?

In base all’accordo detto di “Handover” è previsto che nel 2047 Hong Kong non godrà più di standard politici, economici e istituzionali più autonomi rispetto al resto della Cina. E Pechino sta già mostrando la sua volontà di opprimere anzitempo questa autonomia. La motivazione d’innesco dei disordini è stato un emendamento della legge sull’estradizione che renderebbe quest’ultima attuabile per alcuni reati come l’omicidio o la violenza sessuale commessi sull’isola. Di fatto, significherebbe un’ingerenza del Governo cinese che Hong Kong non ammette.

Torniamo ad Acte, l’associazione spiega che diverse aziende nell’ultima settimana hanno vietato i viaggi verso l’area. “Più di due dozzine di paesi hanno emesso avvisi di viaggio su Hong Kong, sono state programmate proteste per il 17, 18 e 25 agosto e, più recentemente, è possibile che ci siano azioni militari per reprimere i disordini”, spiega.

Acte rimborsa completamente le tasse di registrazione a tutti i partecipanti del Summit. Fra cinque giorni riceveranno una e-mail con i dettagli sulle opzioni di elaborazione della pratica.

Cathay Pacific, le dimissioni dei vertici

Dopo una settimana tumultuosa culminata con l’occupazione dell’aeroporto, Cathay Pacific ha cancellato 272 voli e deciso le dimissioni dei suoi vertici. L’amministratore delegato Rupert Hogg e il chief commercial e customer officer Paul Loo non sono più in capo alle loro funzioni da ieri, lunedì 19 agosto. Lo hanno comunicato con questa nota ufficiale alla Borsa e agli azionisti.

Secondo la stampa internazionale si tratta di una mossa del governo per screditare le proteste dei cittadini. Il New York Times titola esplicitamente: “Le dimissioni del Ceo di Cathay Pacific mostrano l’incombente potere della Cina sui disordini di Hong Kong”.

Alcuni dipendenti della compagnia aerea avevano partecipato alla marcia di protesta. Quest’ultima ha riunito 1,7 milioni di persone in strada, classificandosi come una delle manifestazioni di dissenso governativo più grandi della storia. Non l’unica degli attivisti a Hong Kong, che negli anni passati avevano già espresso contrarietà alle ingerenze di Pechino con le stesse modalità.

Si ricorderà la “Rivoluzione degli ombrelli” del settembre 2014, anch’essa di natura pacifica, e della durata di 79 giorni, per ottenere il suffragio universale.

Il New York Times spiega delle pressioni

Secondo notizie di stampa “le dimissioni sono un segno del fatto che la Cina sembra disposta a esercitare pressioni sulle aziende di alto profilo di Hong Kong (come Cathay Pacific, ndr) per dimostrare quanto sia seria la repressione dei disordini, descrivendoli come ‘vicini al terrorismo’”. Infatti, le forze paramilitari sono state riunite a Shenzhen, oltre il confine, da quando le manifestazioni sono diventate più impetuose.

In pratica, accade che da parte di aziende facilmente controllabili come quelle del trasporto aereo stanno arrivando manifestazioni di schieramento con il Governo e contro i manifestanti.

Rupert Hogg ha scritto una e-mail ai dipendenti in cui spiega della forte pressione cui la reputazione del marchio è stata sottoposta. “In particolare nell’importantissimo mercato della Cina continentale”, sottolinea il manager.

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Hong Kong sta cambiando, cosa fanno le aziende?

Le proteste a Hong Kong segnano un inconfutabile cambiamento di quella che è stata la porta di accesso alla terraferma cinese dalle caratteristiche di mercato aperto e in un contesto democratico. Questa connotazione è già offuscata. Il turismo vacanziero non è più così internazionale e si sposta verso frequentazioni domestiche (il 68% nel 2018). Le stesse aziende multinazionali cominciano a programmare un futuro diverso. Alcune prevedono di spostare il quartier generale in altre regioni, ma potrebbe essere un problema acquisire professionisti senior espatriati, che vogliano lavorare altrove.

Un fattore trainante è il rischio politico e la capacità associata di attrarre professionisti senior espatriati a lavorare nei quartieri generali. E tra le alternative, Singapore si presenta come la destinazione più valida per accogliere gli uffici delle grandi aziende che traslocano. Tuttavia va detto che non c’è nessuna iniziativa da parte della rivale asiatica di approfittare della situazione di instabilità per attrarre investimenti esteri.

Spostamento dell’hub aeroportuale asiatico

Uno scenario che gli analisti stanno prendendo in considerazione come conseguenza delle proteste a Hong Kong è la variazione dei flussi aerei. Oggi Hong Kong è un hub intercontinentale per i transiti verso l’Asia e l’Oceania dall’Europa. E’ lo scalo prediletto tra Londra e Sydney, ad esempio, tra Berlino e Hanoi, oppure tra Pechino e Bali.

L’aeroporto a cinque stelle di Singapore è un grande concorrente. Ma anche il nuovo scalo di Pechino Daxing potrebbe assurgere quale opzione alternativa, candidato com’è ad essere il più grande aeroporto a terminal singolo del mondo. Infine, non dimentichiamo l’attuale Beijing Capital International, già il secondo scalo più trafficato del pianeta, e il nuovissimo terminal due di Guangzhou Baiyun che aumenta la capacità dell’intera struttura.

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