Antitrust su Aniasa e Nlt

Antitrust su Aniasa e Nlt: il cartello non c’è!

L’indagine dell’Antitrust sulle attività di Noleggio a Lungo Termine avviata a metà 2015 è finalmente giunta ad una conclusione e l’incertezza sul suo esito ha lasciato spazio alla soddisfazione da parte dell’intero settore. Un mercato in cui la concorrenza certamente non manca e dove l’Antitrust ha escluso ogni possibile accordo di cartello.

Indagine Antitrust su Aniasa e Nlt, non ci sono strategie di mercato comuni

Le informazioni acquisite nel corso dell’istruttoria per l’indagine Antitrust su Aniasa e Nlt non sono sufficienti per confermare l’ipotesi delineata nella comunicazione di avvio delle indagini e, quindi, non ci sono prove che le principali società di noleggio a lungo termine abbiano tenuto comportamenti lesivi della concorrenza. Questo è, nella sostanza, quanto stabilito dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, che ha reso noto l’esito delle proprie indagini nel bollettino odierno (14/2017). L’Agcm ha liberato così da ogni ipotesi di cartello 23 società di noleggio, ovvero Ald Automotive, Alphabet, Arval, Athlon, Automotive Service, Car Full Service, Car Server, EuropCar, Fleet Support, Ge Capital, Hertz, Lease Plan, Overlease, Leasys, Locauto, Maggiore Rent, MB Charterway, Mercury, Program, PSA Renting, Vodafone Automotive Italia, Volkswagen Leasing e Win Rent, in quanto le informazioni acquisite nel corso dell’istruttoria non sono sufficienti per confermare l’ipotesi delineata nella comunicazione di avvio delle indagini e, quindi, non ci sono prove che queste società di noleggio a lungo termine abbiano tenuto comportamenti lesivi della concorrenza.

Secondo l’ipotesi iniziale dell’Antitrust su Aniasa e Nlt, lo scambio di informazioni che avveniva tra le società di noleggio attraverso la loro associazione di categoria (l’Aniasa) poteva essere propedeutico a mettere a punto accordi di cartello contrarie alla libera concorrenza, in violazione dall’articolo 101 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea. L’analisi del materiale acquisito nelle sedi delle società e le risultanze dell’istruttoria hanno poi portato l’Autorità a concludere che “in assenza di prove a supporto della suddetta connessione, lo scambio di informazioni avvenuto in ambito associativo tra le parti non può essere considerato come avente un sufficiente grado di dannosità per il mercato”, mettendo la parola fine al procedimento avviato ormai nel lontano luglio del 2015.

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