Promesse da mantenere

Delle molte società di noleggio che si propongono come outsourcer, quante lo sono veramente? L’opinione di Janusz Gawronsky di Dinamica Service.

Janusz Gawronsky, della società di fleet management Dinamica Service, propone la relazione “Outsourcing completo della flotta – oltre le promesse”. Dopo aver ripreso brevemente l’evoluzione del noleggio a lungo termine negli ultimi anni e aver ipotizzato, quale possibile scenario futuro, un passaggio all’outsourcing completo, Gawronsky entra nel vivo del problema. Proietta in sala una serie di slide con le pubblicità delle principali società di noleggio, sottolineando che la promessa che le società di noleggio fanno alle aziende è la perfetta organizzazione, la soddisfazione del cliente, la gestione dell’intero parco auto. «In altre parole, – afferma Gawronsky – le società di noleggio promettono l’outsourcing. Ma lo fanno veramente? Un’interessante inchiesta pubblicata sul numero di novembre/dicembre 2001 di Mission elencava il nome di almeno 15 società che si occupano di fleet management. Invece, le realtà che realmente offrono questo tipo di servizio sono al massimo due o tre».

Una case history

A questo punto, Gawronsky propone una case history per dimostrare quanto può costare all’azienda, dal punto di vista delle risorse interne, un outsourcing che non sia realmente completo. «Ipotizziamo un parco auto di 500 vetture, che costa all’azienda circa 3 milioni di euro all’anno. Prima di prendere qualsiasi decisione politica in merito alla gestione della flotta, è necessario valutare attentamente le risorse per mezzo di un piccolo e concreto strumento, il time sheet. Per definizione, adottando la soluzione del fleet management, l’azienda dovrebbe tranquillamente dimenticarsi della gestione del proprio parco auto. In realtà non è così. Solo per fare un esempio, l’attività di purchasing strategico richiede, tra incontri con i fornitori e organizzazione di gare d’appalto, circa 55 ore all’anno, pari a un costo di 11mila euro (una media di 200 euro all’ora). La cifra può sembrare eccessiva, ma non lo è se pensiamo al tempo che l’azienda sottrae al proprio core business. In totale, l’azienda impiega nella gestione del suo parco auto quasi 6000 ore. A questo tempo va aggiunto quello che il cliente interno butta via se le performance del noleggiatore non sono adeguate. Ipotizzando circa tre quarti d’ora al mese, si tratta di altre 4500 ore perse (vedi tabella I e II).

La nuova domanda

«Alla luce di quanto è stato detto – prosegue Gawronsky -, in che cosa consiste la nuova domanda? È estremamente varia: in particolare, le aziende hanno bisogno che venga organizzata adeguatamente la catena amministrativa, compiendo operazioni quali la validazione delle fatture, lo split per tipologia di Iva ecc. E alle spalle di tutto, ovviamente, c’è la necessità di avere un valido e flessibile database per la raccolta dei dati». Senza contare che una società di fleet management è in grado di intervenire efficacemente sulle inadempienze dei noleggiatori. «I problemi – afferma Gawronsky – si creano quando l’azienda non si avvale di un interlocutore professionale in grado di interagire in maniera corretta con la società di noleggio. Quando il fleet manager esterno non c’è, ovviamente, l’azienda cerca di risolvere i problemi come può. Il risultato è che, spesso, il noleggiatore è sommerso da decine di telefonate di persone non competenti che pongono domande scorrette, mal espresse e che non centrano il problema. Al contrario, il fleet manager è in grado di intervenire adeguatamente sui disservizi. Il problema è aggravato dal fatto che i contratti con le società di noleggio non prevedono l’applicazione di penali. E dunque se, tanto per fare un esempio, una vettura non ha caratteristiche conformi all’ordine, l’azienda non sa bene che cosa fare. Non dimentichiamo che esistono società di noleggio che riescono a commettere questo tipo errori 50 volte su 100».

Il dibattito

A questo punto uno dei partecipanti solleva un’obiezione al ricorso al fleet management. È inaccettabile risolvere i problemi di malfunzionamento inserendo uno step in più nella filiera. «Per capire se l’adozione del fleet manager esterno conviene – risponde Gawronsky – è necessario riuscire a valutare i costi che la gestione interna comporta per l’azienda, anche quelli occulti».

Sulla questione interviene anche Francesco Sottosanti: «L’outsourcer non serve se è soltanto un costo in più per l’azienda. Ma se è valido non deve costare di più, anzi deve contribuire a ridurre i costi. Deve inserirsi perfettamente nel processo aziendale e aiutare l’impresa a rendere le risorse disponibili per le attività core. Come è stato accennato, per capire quanto costa all’azienda la gestione della flotta il processo deve essere analizzato e “prezzato” per mezzo del time sheet, che consente di determinare l’esatto costo interno e stabilire se il ricorso all’outsourcing è conveniente. Si tratta di un’analisi che coinvolge più attori. Vorrei chiedere a Gawronsky se è stato sviluppato un concetto di filiera completa che giunga fino al fornitore del prodotto finale e che determini un service level agreement in base al quale tutti i servizi sono prezzati e sia prevista una penale in caso di inadempienze».

«Lo strumento principale su cui si basa l’outsourcing è proprio una descrizione di processi, tempi e responsabilità, meglio se certificata Iso 9000 o 9002 – risponde Gawronsky -. La Sla (service level agreement) è la base di tutto. Quello che occorre fare è misurare le performance sulla base di un capitolato che preveda degli indicatori (Kpi, key performance indicator) che consentano di esprimere una sorta di voto. Naturalmente il voto sarà esteso solo a cinque o sei prestazioni chiave. Gli indicatori possono essere per esempio temporali (quanto tempo è stato impiegato per emettere un ordine?) o possono basarsi sui reclami degli utilizzatori. Alla fine si cerca di fare una casistica degli errori all’interno del processo e si giunge all’assegnazione di un punteggio sulla base del quale scatterà una penale o, perché no, la rescissione del contratto».

Ma cosa ne pensano le aziende dell’ipotesi di affidare in outsourcing attività che sono sempre state gestite in-house? «Direi – sostiene Mauro Serena – che di tutte le attività che sono state presentate da Gawronsky sicuramente ce ne sono molte che possono essere gestite dall’outsourcer (ad esempio la gestione degli ordini dal dipendente al noleggiatore, o la reportistica). Ma ce sono alcune che, per quanto il fornitore sia bravo, non possono essere delegate e devono necessariamente essere svolte dall’azienda».

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