Roscioli Federalberghi

Roscioli, Federalberghi: occupazione a Roma tra il 10 e il 20%

Arriva da Federalberghi il grido d’allarme più incisivo sulla situazione dell’hotellerie in Italia. Una situazione che ha visto crolli nelle prenotazioni soprattutto da parte di clienti stranieri e nelle città d’arte. Un po’ meglio è andata nelle località balneari, dove gli italiani hanno salvato la stagione. Il business travel? Non pervenuto. E questo è un segnale pessimo.

Giuseppe Roscioli, vicepresidente vicario di Federalberghi e presidente di Federalberghi Roma, ci racconta dei mesi post lockdown da Covid-19. Un periodo difficilissimo per tutti gli imprenditori nel settore dell’ospitalità.

Presidente Roscioli, come va l’hotellerie a Roma?

«Le dico solo questi numeri, relativi alla mia città: in questo periodo, l’occupazione media è compresa fra il 10 e il 20%».

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Quindi gli hotel sono praticamente vuoti…

«Esattamente. Senza contare che ce ne sono molti che non hanno nemmeno riaperto oppure hanno riaperto e poi richiuso. I numeri? A Roma le strutture funzionanti sono circa 700 mentre quelle non operative 500. Attenzione, però: tra quelle che sono tornate sul mercato ce ne sono alcune che nei prossimi mesi chiuderanno perché non conviene restare aperti. I costi non sono coperti dai ricavi».

Secondo lei quanto manca per tornare ai livelli di 12 mesi fa?

«Ancora non ci siamo. Uno dei motivi è che siamo molto legati alle compagnie aeree: se volano, i turisti arrivano. Se i velivoli restano a terra, le camere d’hotel sono vuote. La cosa drammatica è che le aerolinee pensano che si debba aspettare fino al 2023 o 2024 prima di ritornare al volato del 2019. Se non accade nulla di “nuovo”. Da ricordare, poi, che gli aerei portano soprattutto clienti stranieri, che per Roma contano per circa il 72%. Attualmente gli ospiti sono quasi tutti italiani e per via della vicinanza con la capitale possono venire in treno o anche in auto. I mesi di settembre e di ottobre si prestano, per il turismo – business e leisure – anche in considerazione del clima favorevole».

Quindi non prima di 3 o 4 anni per tornare a pieno regime…

«Esattamente. Non credo che questo possa succedere prima. Certo, dipende anche dai tempi in cui sarà pronto il vaccino. Sicuramente il prossimo annno passerà senza risultati positivi. Ritengo a che nel 2021 pensiamo di raggiungere il 40% di riempimento degli hotel, con una battaglia al ribasso delle tariffe delle camere, visti i grandi spazi vuoti. In estate molti hotel hanno lavorato bene, soprattutto nelle località turistiche. Ma le città d’arte e quelle “minori” hanno avuto crolli dell’80%. A Roma, il calo è dell’85%-90%, proprio perché più di ogni altra risente del crollo di arrivi dall’estero, come dicevo poco fa».

Federalberghi come vede l’andamento del business travel?

Purtroppo anche il business travel ha subito un fortissimo ridimensionamento: molte aziende hanno deciso di far viaggiare meno i propri dipendenti. E’ tutto più complicato: in certe imprese, per autorizzare una trasferta di lavoro, serve il nulla osta scritto del direttore generale. Una procedura che rallenta la già scarsa propensione ai viaggi d’affari. E lo smart working non ci aiuta, fermando in casa migliaia (o milioni) di dipendenti. Anche i congressi sono scarsi: a Roma i numeri indicano che siamo a circa il 20% rispetto agli altri anni. Quindi 4 eventi su 5 sono stati annullati o rimandati».

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Di che cosa hanno bisogno gli albergatori in questo momento?

«Per Federalberghi le imprese dell’ospitalità hanno bisogno di sostegni, in attesa di un aumento del turismo. E penso alla cassa integrazione in deroga per i dipendenti. Almeno fino a marzo se non fino a ottobre 2021, sulla base dell’affluenza nelle strutture. Bisogna ricordare che molte sono in affitto e hanno costi fissi enormi, che vanno alleggeriti».

Cosa possono fare le istiuzioni?

Oltre alla cassa integrazione, ritengo che un aumento del “fondo perduto” sia fondamentale. Altrimenti molte aziende saltano. Basti pensare che un hotel di 100 camere ha circa 40 o 45 dipendenti, che in caso di chiusura saranno licenziati. Se pensiamo che il comparto ha circa 2 milioni di dipendenti, ne deriva che 1 milione potrebbe perdere il lavoro. Non servono azioni a pioggia, perché potrebbero avvantaggiare anche chi non ne ha bisogno: vanno fatte azioni specifiche».

Anche l’extralberghiero non se la passa bene?

«Direi proprio di no. In questi mesi post Covid-19, dal mercato sono usciti molti bed and breakfast, che in certi casi erano un riferimento anche del business travel. Purtroppo questo è un settore che sfugge alle statistiche generali, dato che è caratterizzato da molto abusivismo. E in un momento di attenzione alla sanificazione e ai rigidi protocolli anti contagio, può rappresentare un grande problema andare in una struttura non registrata».

Leggi l’intervista a Giuseppe Roscioli a inizio lockdown

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