Telelavoro

Telelavoro, il 24% delle aziende lo permette e il 19% lo incoraggia

Un sondaggio fatto nei paesi angolofoni mostra che la nuova evoluzione del telelavoro è il "lavoro da qualunque posto", che piace soprattutto ai giovani

Se il telelavoro ha preso preponderantemente piede in occasione dello scoppio dell’epidemia da Covid, un sondaggio effettuato commissionato da World Travel Protection mostra che la nuova frontiera è il “lavorare ovunque”. O “lavoratore da ogni posto”, per tradurre letteralmente il “anywhere worker” di Opinium, la società che ha curato la ricerca.

Tale ricerca è stata effettuata su 2.000 viaggiatori d’affari di Regno Unito, Stati Uniti, Canada e Australia. La società committente, azienda per la gestione dei rischi di viaggio, ha rivelato che il 34% dei viaggiatori d’affari desidera la flessibilità di lavorare da qualsiasi luogo.

Inoltre, il 17% si identifica come “lavoratore ovunque”. In pratica: può svolgere il proprio compito da (quasi) qualunque posto del mondo dove ci sia una conenssione a internet.

Addirittura un intervistato su 8 (il 13%) prevede di lavorare da un paese diverso per almeno un mese o più. Un numero leggermente inferiore (il 12%) sta pianificando una vacanza “silenziosa” o “tranquilla”, in cui lavorare da remoto da una sede diversa senza informare la propria azienda.

(Scopri come il lavoro a distanza non abbia ucciso il business travel ma lo abbia trasformato)

Telelavoro, una impresa su 4 lo consente

La possibilità di ricorrere al telelavoro da qualsiasi luogo del mondo sta diventando sempre più importante. I dati indicano che il 13% di chi ha un impiego afferma che lascerebbe il lavoro se questa opzione non fosse disponibile. Questa percentuale sale al 17% tra gli intervistati di età compresa tra i 18 e i 34 anni, che forse hanno ancora poca dimestichezza col mondo reale.

Parallelamente le aziende stanno iniziando a riconoscere questo cambiamento nella cultura lavorativa. Quasi una impresa su quattro (24%) consente ai dipendenti di lavorare da remoto da qualunque posto, con il 19% che addirittura lo incoraggia.

Tuttavia, il sondaggio rivela anche una mancanza di politiche chiare. Già, perché solo il 21% degli intervistati afferma che la propria azienda ha linee guida chiare su dove i dipendenti possano o non possano lavorare.

Circa il 15% dei lavoratori a livello globale afferma inoltre di temere che i propri datori di lavoro utilizzino software di tracciamento per monitorare le loro attività durante il telelavoro.

“Il lavoro da remoto va bene, ma attenzione ai rischi di viaggio”

A commentare i risultati della ricerca è Kate Fitzpatrick, security director Emea di World Travel Protection. «I risultati del sondaggio rivelano un crescente desiderio tra i dipendenti di liberarsi dai tradizionali vincoli dell’ufficio. Per coloro che possono lavorare da remoto, è un vantaggio a cui non siamo disposti a rinunciare. Siamo andati oltre il semplice lavoro da casa: ora portiamo i nostri laptop in destinazioni lontane. Le aziende che non riescono ad allinearsi a questa tendenza crescente rischiano di perdere talenti chiave».

Bisogna però considerare anche i rischi, soprattutto legati agli spostamenti. «Non dobbiamo dimenticare che tutti i viaggi comportano dei rischi. È pertanto essenziale che vengano prese le dovute precauzioni per massimizzare la sicurezza dei dipendenti. Viaggiare per lavoro in genere significa essere almeno coperti dall’assicurazione del tuo datore di lavoro e dall’assistenza di emergenza. Se qualcosa va storto e il tuo datore di lavoro non ti ha dato il permesso di lavorare da remoto, la sua assicurazione potrebbe non coprirti».

World Travel Protection ha recentemente pubblicato una ricerca su come i viaggi di lavoro influiscono sulla salute mentale dei viaggiatori d’affari del Regno Unito.

Lascia un commento

*