viaggi d'affari e coronavirus

I viaggi d’affari ai tempi del Coronavirus, avete un piano di business continuity?

Il Coronavirus assume i toni di un serio rischio di viaggio per le aziende, cioè uno dei “travel risk” che le società specializzate in servizi di sicurezza medica e business travel hanno portato al massimo livello di priorità. Con questa premessa, va da sé che l’epidemia Covid 19 abbia rappresentato l’argomento clou della conferenza annuale di International Sos, tenuta ieri a Milano.

La società che conta quasi i due terzi delle aziende Fortune Global 500 come clienti e riceve circa 5 milioni di chiamate di assistenza ogni anno ha risposto alle domande dei suoi partner, invitati per un follow up sulla mobilità globale e sul’impatto sull’organizzazione aziendale.

In questo contesto, dopo una interessante tavola rotonda di apertura, l’audience ha ascoltato con notevole interesse l’intervento di Francesca Viliani, director public health di International Sos, che ha condotto un sondaggio live per sondare lo stato di preparazione delle aziende italiane ad un rischio sanitario come quello in atto. Emerge chiaramente che non esiste una procedura consolidata per casi di infettività elevata.

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Francesca Viliani, Director Public Health di International SOS

Coronavirus in azienda: avete una policy per le malattie infettive?

Alla domanda se in azienda esiste un protocollo interno per gestire una malattia infettiva sul posto di lavoro il 62% dei partecipanti ha risposto “No”, il 19% non ne era a conoscenza e una quota equivalente ne ha affermata l’esistenza. Spiega Francesca Viliani: «Il coronavirus è un virus cosiddetto sociale perché si diffonde in luoghi ad alta concentrazione, ad esempio le navi da crociera, la sfida attuale è la mobilità, su una scala di ampiezza mai conosciuta prima».

Il riferimento va alle connessioni aeree, alla necessità per le aziende di non interrompere i processi produttivi. Così come al settore degli eventi aziendali, come fiere e convegni, di fronte all’urgenza di gestire partecipanti provenienti da tutto il mondo.

Perché se è vero che il Mobile World Congress di Barcellona fa notizia per la chiusura, migliaia di manifestazioni vanno avanti. La Milano Fashion Week è in corso, il Salone dell’auto di Ginevra è imminente. Noi stessi siamo in partenza per il Business Travel Show che pur nella sua settorialità è un appuntamento dai numeri significativi di 9mila persone, riunite in un centro congressi di Londra. Vero è che la capacità dei voli internazionali sulla Cina è stata tagliata dell’80% secondo gli analisti di Oag, nella settimana dal 20 gennaio al 17 febbraio, ma ci sono compagnie aeree che hanno offerto stipendi più alti a piloti e crew che hanno accettato il rischio.

Ospiti cinesi in arrivo?

Bando alla psicosi, chi si occupa di business travel e di risk management in azienda si confronta con problemi quotidiani. Ad esempio, l’arrivo di ospiti cinesi o la partenza di management diretto in Asia per fare ripartire un impianto produttivo. Durante la conferenza di International Sos ha preso la parola il capo della sicurezza di un’azienda attiva nel campo dell’energia che attende l’arrivo di 200 professionisti cinesi in visita nei propri impianti.

La sua domanda rivolta a Viliani è stata sull’approccio da adottare. In considerazione del fatto che anche il resto dei dipendenti della società è preoccupato di un contagio. «L’ideale è tracciare la storia di viaggio delle persone e controllare in quali aree di esposizione sono transitati, per arrivare alla quarantena volontaria, in caso», è la risposta di protocollo.

Nel frattempo, una circolare del Ministero della Salute sancisce ufficialmente che la responsabilità è in capo al datore di lavoro (leggi qui la nota del 4 febbraio).

Business Continuity Plan: la minaccia Coronavirus

La continuità produttiva è il nodo più critico per le aziende ai tempi del Coronavirus. “Il vostro business continuity plan comprende epidemie o pandemie?” è un’altra domanda posta durante il meeting di International Sos.

Il 53% dei rispondenti asserisce di no, mentre il 30% lo ignora.

«La migliore pratica è sempre quella di stabilire un processo e una pianificazione da adottare per i viaggi futuri, informare i dipendenti sulle precauzioni e sui rischi: una epidemia rappresenta un serio problema di continuità aziendale», spiega Viliani alla platea.

Viaggi d’affari e Coronavirus: questione di protocollo

Come si comporta la stessa International Sos, che ha sedi a Singapore e Londra?

«Ad esempio, a Singapore abbiamo diviso in due team che lavorano separatamente per garantire la copertura completa dei nostri servizi in tutto il mondo. Alcune nostre aziende clienti di Hong Kong gestiscono persone che hanno avuto contatti nei luoghi contagiati e stanno continuando a lavorare sotto stretta osservazione, tra cautele e protocolli precisi».

Ogni settimana i country manager della multinazionale fanno il punto sui viaggi della settimana successiva e controllano i dipendenti che rientrano dagli itinerari. Valutano, inoltre, caso per caso, gli spostamenti personali dello staff. Poiché ogni Paese dove si dirigono vive situazioni specifiche.

Infatti, il dato preoccupante è che solo un quinto degli Stati nel mondo ha un sistema sanitario conforme al Regolamento Sanitario Internazionale.

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Il panel di apertura della conferenza annuale di International SOS

Mobilità internazionale e travel risk, conclusioni

Per concludere, se è vero che i disordini politico-sociali rappresentano i principali rischi per i viaggi aziendali del 2020 – secondo il 52% dei rispondenti di un altro sondaggio citato da International Sos-, l’emergenza sanitaria scaturita dallo scoppio del Covid 19 è solo uno dei tanti “travel risk” da considerare.

«La mobilità internazionale è una complessa architettura non solo dal punto di vista delle implicazioni di responsabilità legale per le aziende che fanno viaggiare i loro dipendenti o accolgono ospiti, ma in termini di continuità del business – conclude Elena Lavelli, country director Italy di international Sos  -. Molto dipende dalla corretta valutazione dei rischi e dell’esposizione ad essi. Infine, vanno preparati i viaggiatori e occorre formarli sugli approcci da assumere, nonché tutelarli con strumenti di informazione e consulenza mentre sono a destinazione. Tutto ciò per affrontare un mondo sempre di più volatile e globale».

A proposito di strumenti per assistere i dipendenti in viaggio, alla domanda sulla disponibilità di “notifiche push” per avvertire tempestivamente i viaggiatori d’affari, l’audience si è divisa nettamente in due. Oggi il dato ci appare terribilmente sensibile, ma passata la crisi dell’ennesima influenza respiratoria sarà ancora così?

Approfondisci sulle misure di Sicuritalia per assistere le aziende-clienti in Cina.

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