Ibride. Una su mille ce la fa

Sapete quante automobili a tecnologia ibrida  si vendono in Italia? Una su mille. Cosa succede  al di là dell’Atlantico? Negli Stati Uniti,  per esempio, questa tipologia di vetture a basso  impatto ambientale rappresenta oltre il 2% delle  immatricolazioni (esattamente una ogni 43). Spostiamoci  ora dall’altra parte del globo, in Giappone.  L’auto più venduta in assoluto (se si escludono  le citycar con cilindrata sotto i 600 cc, che nel  paese del Sol Levante sono sottoposte a un regime  fiscale differente e non vengono considerate  automobili normali) a maggio è stata la nuova  Toyota Prius Hybrid (10.915 esemplari in un solo  mese). Ad aprile, quando ancora la nuova Prius  non era disponibile nelle concessionarie, la  leadership  delle vendite era appannaggio di un’altra  ibrida, la Honda Insight (10.481 esemplari), che a  maggio è scesa al terzo posto assoluto (8.183 unità).  Complessivamente nel 2008 la “vecchia” Prius  aveva conquistato il quarto posto assoluto, con  oltre 70mila consegne.
Il “fenomeno ibride” funziona ovunque, tranne in  Europa? Parrebbe di sì. Ma, poiché questa tipologia  di alimentazione pare stia per avere uno sviluppo  notevole nei prossimi tempi (vedere nel  proseguo dell’articolo), vale la pena fermarsi a riflettere  e tentare di capire se e quanto sia conveniente  ipotizzare di inserirle in car policy e analizzare  che cosa offre attualmente il mercato. 

Lo 0,24% del mercato italiano
Torniamo ai numeri di vendita nel Belpaese. Da  gennaio a maggio di quest’anno sono state immatricolate  solamente 2.155 auto ibride (cfr tabella in fondo all’articolo).  Questo dato rappresenta un misero 0,24%  del totale delle immatricolazioni. Comunque un  passo in avanti rispetto agli stessi primi 5 mesi del  2008, quando le vendite rappresentarono soltanto  lo 0,16%. L’incremento, cospicuo in termini percentuali  (+25%), è insignificante in termini numerici.  E mortificante se paragonato all’aumento  esponenziale di immatricolazioni vissuto quest’anno  dalle altre tipologie di alimentazioni alternative:  gpl (+255%) e metano (+71%).  Un altro elemento interessante da rilevare è la  numerosità di modelli ibridi in Italia (numerosità è  un termine pleonastico): sono solamente sette  quelli a listino. Sei giapponesi (Honda Civic e Insight,  Lexus GS, LS, RX e Toyota Prius) e una tedesca  (la Mercedes S400 Hybrid, giunta sul mercato  proprio a maggio). Rispetto allo scorso anno, la situazione  è migliorata di poco: si è aggiunta la  Honda Insight (che è balzata subito in testa alla  “Top Seven”) e la Mercedes, appunto. La Suv Lexus,  la RX450h, ha preso il posto della precedente  RX400h. Tutto qui. Si attende per fine estate la  commercializzazione della terza serie della Prius  (quella che ha riscosso tanto successo in Giappone,  per intenderci), che rappresenta un passo in  avanti in termini di riduzione dei consumi ed  emissioni. Di questo modello, MissionFleet è in  grado di anticipare i prezzi che, nonostante i progressi  tecnologici, sono leggermente scesi rispetto  alla seconda serie (che costava 26.250 euro):  25.900 euro la versione base, che corrisponde  grossomodo all’unica versione disponibile in precedenza,  27.100 la Active, 32.800 la Executive,  versione top di gamma. Prezzi interessanti, ma  non certo popolari, anche se con l’incentivo statale  previsto per l’acquisto di vetture ad alimentazione  alternativa (3.500 euro), sommabile al  contributo rottamazione dell’usato (1.500 euro),  si possono decurtare di circa il 20%.  Vantaggio che però, come ben sanno le imprese,  non è attualmente previsto per chi acquisisce  l’auto con la formula del noleggio. Per ottenere i  bonus, occorre intestarsi l’auto direttamente.  Questo provvedimento restrittivo potrebbe essere  abolito dall’ormai prossima “Tremonti Ter”: incrociamo  le dita e attendiamo fiduciosi…

Fondamentale è sempre il prezzo
Proprio la perdurante indisponibilità di modelli  dal prezzo più accessibile è uno dei maggiori limiti  alla diffusione di ibride in Italia. Problema a cui  Honda ha tentato di trovare una soluzione, introducendo  un prezzo di lancio piuttosto aggressivo  per la nuova Insight, che rispetto alla precedente  Civic (che pure è rimasta disponibile) rappresenta  una diminuzione di listino di ben 5.000 euro  (19.900 contro 24.900). Se poi si considerano gli  incentivi (come abbiamo visto, però, piuttosto  teorici per le imprese) il prezzo d’attacco scende a  14.900 euro. La strategia commerciale efficace ha  già premiato Honda, che attualmente immatricola  ogni mese un numero di 5 o 6 volte superiore di  Insight rispetto alla concorrente Prius. Per un raffronto  più equilibrato, però, occorre attendere la  commercializzazione effettiva della nuova Prius,  che è comunque più cara, anche se dotata di un  motore più brillante e di tecnologia più raffinata.
Il resto del mercato? Sono “bruscolini”: duecento  Lexus RX, una trentina di berlinone sempre del luxury  brand di Toyota (GS e LS) e le due “misere”  (si fa per dire) super-ammiraglie Mercedes S (con  tutta probabilità i due esemplari di pre-lancio, visto  che le immatricolazioni a cliente finale non  sono ancora state effettuate). E gli altri costruttori?  Latitano o cincischiano? Entrambe le cose.  A prescindere dal prezzo (la Mercedes ha un prezzo  di listino che parte da 94.400 euro), le grosse  ibride presentano indubbi vantaggi in termini di  contenimento dei consumi: la RX 450h, per esempio,  rispetto alla convenzionale RX350, garantisce  un abbattimento dei consumi di circa il 40% e il  sistema di propulsione ibrida consente di ottenere  anche la trazione sulle quattro ruote.

Bella o brutta costa uguale
Prima di analizzare il futuro prossimo che, lo anticipiamo,  ci riserva parecchie interessanti opportunità,  spieghiamo qual è il terzo ostacolo alla diffusione  delle ibride in Italia (dopo la scarsa disponibilità  di modelli e l’assenza di incentivi “tangibili”  per le imprese): lo stile poco accattivante. La  seconda serie della Prius non si può esattamente  definire un mostro di bellezza (per non parlare  della prima…). E nemmeno la terza serie, che è  sulla rampa di lancio, fa gridare al capolavoro  (pur ingentilita in più di un particolare). La Honda  Insight, che pur rappresenta un deciso passo in  avanti in fatto di estetica rispetto all’inguardabile  Civic, convince soprattutto per ben altre doti.
Il vecchio Battista “Pinin” Farina, mitico fondatore  della celebre carrozzeria, asseriva che “disegnare  un’automobile bella o una brutta costa uguale”.  Aveva ragione, ma per le ibride ci si scontra con  problemi strutturali e vincoli dimensionali tuttora  irrisolti, specie nelle carrozzerie medie e piccole.  Nelle ammiraglie come la Lexus LS e la Mercedes  Classe S si trova agevolmente spazio per il propulsore  ibrido supplementare e per tutti gli accessori  che la tecnologia ibrida impone. Ma quando si  scende sotto i 4,5 metri di lunghezza della scocca i  problemi diventano (per ora) insormontabili. A ciò  si deve aggiungere che il concetto di stile e di gradevolezza  aerodinamica è molto differente tra noi  europei e i signori dagli occhi a mandorla. E fintanto  che le vendite delle ibride si concentrano in  altre parti del globo, hanno perfettamente ragione  loro.

L’analisi delle percorrenze
Da ultimo, un ulteriore elemento che ostacola le  vendite delle ibride. In questo caso si tratta di un  problema di difficile soluzione, perlomeno nel breve  periodo, perché anche le novità che si affacciano  all’orizzonte non lo risolvono in modo netto. La  tecnologia ibrida permette interessantissimi risparmi  in termini di consumi (e dunque anche di  emissioni), ma soprattutto in una tipologia di percorrenze  che, soprattutto in Italia, non si sposa alla  perfezione con le esigenze di mobilità aziendale.  Si tratta dei percorsi urbani, dove il continuo stop  and go e le basse velocità permettono all’auto  ibrida di funzionare quasi sempre in modalità elettrica  (dunque con consumi ed emissioni prossimi  allo zero). Tanto è vero che i più accaniti fans della  Toyota Prius (unica ibrida a tutt’oggi numericamente  e storicamente significativa) sono i taxisti.
Certo, con un utilizzo accorto del pedale dell’acceleratore,  si può evitare al massimo l’entrata in funzione  del motore a scoppio, ma quando si percorrono le grandi arterie extraurbane, la propulsione  elettrica può fare ben poco e, soprattutto, garantisce  una scarsa autonomia. Già perché il problema  vero dei motori elettrici, parliamo di quelli dell’attuale  generazione, è che pesano molto, sono ingombranti  e hanno cicli di durata tra una carica e  l’altra di poche decine di chilometri di percorrenza.
Per questo motivo la Prius 3 è dotata di un secondo  motore ausiliario con funzione di generatore  di corrente, che serve a ricaricare il motore elettrico  principale. E perché l’impianto di climatizzazione  (uno dei massimi responsabili della dispersione  di energia nelle automobili) utilizza l’energia  solare immagazzinata dai pannelli solari annegati  nel tetto dell’auto.

La carica dei ritardatari
Sono in arrivo però una nuova generazione di  batterie, che pesano infinitamente meno e durano  molto di più (non soltanto in termini di autonomia  di energia immagazzinata, ma anche in fatto  di numero di cicli di carica-scarica). Sono le batterie  al litio-ioni, che soppianteranno progressivamente  le attuali al Nikel-metallo idruro. Migliorati  anche i tempi di ricarica se è vero quello che  asserisce una recente dichiarazione degli studiosi  del Mit (Massachusetts Institute for Technology)  di Boston, e non abbiamo motivo di dubitare, vista  la prestigiosa fonte, che afferma che a breve  sarà possibile ricaricare queste batterie “da 0 a  100%” in soli dieci secondi!  Nel frattempo c’è grande fermento tra i costruttori.  Tutti, indistintamente, dalla Fiat alla Opel,  dalla Hyundai alla Porsche stanno lavorando sulla  tecnologia ibrida. A Stoccarda è quasi pronta la  Cayenne Hybrid, cui seguirà la Panamera. I “cugini”  Volkswagen e Audi hanno già mostrato prototipi  più o meno futuribili nei recenti saloni  dell’auto. Infiniti ha mostrato a Ginevra la Essence,  supersportiva a benzina (440 CV) e motore  elettrico (160 CV), annunciando però che seguirà  un modello che abbina il motore diesel a quello  elettrico. Una strada, quella dell’ibridazione gasolio-  elettricità che molti costruttori intendono seguire,  perché garantisce maggiore economia in  caso di funzionamento del motore tradizionale.  Hyundai punta sul sistema ibrido BlueDrive, visto  sul prototipo Nuvis. Ma già quest’estate commercializzerà  in Corea una berlina medio-piccola  ibrida, la Avante, cui farà da contraltare la “gemella”  Kia Forte(le due case appartengono allo  stesso gruppo).
Ford in America ha testato su strada una Fusion  Hybrid. Occorre precisare che la Fusion made in  Usa non ha nulla a che vedere con la piccola simil-suv diffusa in Europa: è una berlina media  dalle forme classiche. Con la Fusion a stelle e strisce  Ford dichiara percorrenze di 2327 km con un  pieno, pari a 34,6 km/litro. Persino i cinesi della  Brilliance hanno presentato una vettura ibrida,  mentre Nissan ha siglato un contratto i fornitura  con Toyota per sfruttare la sua tecnologia, colmando  il gap della ricerca.
Ma la vera frontiera dell’auto ibrida è la tecnologia  plug-in, ovvero con ricarica autonoma delle  atterie mediante una normale presa di corrente  casalinga. A fine anno Toyota farà una sperimentazione  con 50  esemplari di Prius PHV (Plug-in  Hybrid Vehicle) nella città di Strasburgo.
C’è moltissima carne al fuoco, dunque. Anche se  l’impressione è che nessun costruttore stia puntando  con decisione sull’ibrido come tecnologia  definitiva per i motori del futuro. Tranne Toyota  che, dall’alto dei suoi 1,7 milioni di ibride costruite  finora, promette di aumentare la produzione  della Prius già quest’anno a 600.000 esemplari  ogni 12 mesi. E annuncia una prossima Yaris Hybrid.  Questa sì un’utilitaria per tutti.

Le immatricolazioni di ibride in Italia
1 HONDA INSIGHT – 1.345
2 TOYOTA PRIUS –  467
3 LEXUS RX – 217
4 HONDA CIVIC  – 94
5 LEXUS GS – 20
6 LEXUS LS – 10
7 MERCEDES CLASSE S – 2
Totale  – 2155

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